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Giocare con Sole e Luna

Abbiamo già visto nel paragrafo 2.1 come sia possibile con una semplice fotocamera riprendere un tramonto, ma i giochi non finiscono qui. Armiamoci pertanto di reflex e cavalletto e andiamo a divertirci con gli oggetti più luminosi del cielo: Sole e Luna.

Ricordiamo nuovamente di non osservare mai il Sole ad occhio nudo, pertanto anche nella foto di tramonti è consigliabile utilizzare l’utility LiveView che vi permette di mettere a fuoco il Sole utilizzando il monitor della vostra reflex digitale. Questo suggerimento diventa un imperativo nel caso di riprese in luce diurna.

Acquistate pertanto un filtro solare professionale in grado di proteggervi dalla luce diretta del Sole (luce visibile ma anche IR e UV). Prendete ora un obiettivo che abbia una focale minima di 300mm, montate il filtro solare e scattate. Settate gli ISO al minimo (100) e il diaframma a valori superiori a f/5.6. Ricordatevi di usare il cavalletto fotografico e l’impostazione autoscatto con tempo minimo di attesa di 2 secondi al fine di ridurre le vibrazioni. Prestate attenzione a non utilizzare tempi di esposizioni troppo lungo che darebbero del mosso. Nel caso vi troviate in questa situazione aprite il diaframma al massimo e se non dovesse bastare alzate gli ISO.

L’immagine del Sole che otterrete mostrerà il disco della nostra stella e, se presenti, le macchie solari. Regolate il bilanciamento del bianco al fine di ottenere un Sole di colore giallo data la dominante dettata dal filtro utilizzato. Seppur di piccole dimensioni, il disco solare presenterà già qualche particolare. Ovviamente maggiore è la focale dell’obiettivo utilizzato migliori saranno i risultati ottenuti. Per l’utilizzo di telescopi astronomici invece rimandiamo alla lettura del capitolo 4.

Infine ricordo che è possibile riprendere il Sole in pieno giorno, senza filtri solari, durante le eclissi totali. Questi fenomeni sono molto rari in uno stesso luogo e in Italia avremo un’eclisse totale solo il 02 Agosto 2027 (limitata alla sola parte sud-ovest di Lampedusa). Utilizzate quindi teleobiettivi a focali minime pari a 300 mm e treppiede. Aprite il diaframma il più possibile ed impostate ISO molto elevati (dai 400 in su). Il tempo di esposizione sarà dettato dal fatto di non avere del mosso. Durante le eclissi totali è interessante fare riprese anche a grande campo al fine di riprendere le stelle che appaiono durante la totalità. Per le impostazioni di diaframmi, tempi e ISO fate riferimento al paragrafo 2.3.

Molte più possibilità sono offerte dalla Luna che può essere ripresa utilizzando le stesse regole illustrate precedentemente per il Sole. Ovviamente in questo caso non è necessario l’utilizzo di nessun filtro e potete osservare tranquillamente la Luna nel mirino della vostra reflex (vedi Figura 2.4).

Figura 2.4: Osservatorio di Sormano illuminato dalla Luna Piena.

La regola è sempre quella di utilizzare obiettivi di focale superiore ai 300 mm, cavalletto fotografico e autoscatto con tempo di attesa minimo di 2 secondi per minimizzare le vibrazioni. Consigliamo l’utilizzo di ISO bassi e diaframmi leggermente chiusi, anche se a dettare il tutto sarà il fatto di non ottenere del mosso (la Luna come tutta la volta celeste si muove durante la notte). Se possibile provate ad ambientare la Luna con la silhouette di una montagna, un paesaggio o una collina, il risultato finale sarà di notevole impatto.

Anche la Luna presenta il fenomeno di eclisse totale noto anche come “la Luna rossa”. In questo caso però i tempi di esposizioni si allungano notevolmente e l’utilizzo di obiettivi luminosi e ISO elevati diventa obbligatorio. Purtroppo spesso questo non basta e dovremo pertanto utilizzare della strumentazione astrofotografica (vedi capitolo 3 e 4).

Il nostro satellite naturale però ci permette anche di giocare con la sua luce e durante la Luna Piena possiamo andare dotati di cavalletto fotografico e grandangolo in posti suggestivi e riprenderli in notturna. Il risultato finale sarà spettacolare. Paesaggi urbani, montani, marittimi risulteranno illuminati perfettamente ma con una luce più “fredda” e nel cielo sarà possibile vedere le stelle (mosse a seguito dei lunghi tempi di posa). Anche in questo caso suggeriamo ISO bassi (100) e diaframmi chiusi (f/10 o superiori). I tempi sono dettati dal gusto personale e possono superare i 30 secondi di posa. In quest’ultimo caso ricordatevi di utilizzare il telecomando o lo scatto remoto ed in alcuni modelli di reflex digitale cambiare il menù da posa M a B.

Dato che i tempi di esposizione possono essere molto lunghi consigliamo, ove disponibile, l’attivazione dell’utility sottrazione automatica del rumore.




Inquinamento luminoso

Nel primo capitolo di questo libro abbiamo già incontrato il nemico numero uno dell’astrofilo e dell’astrofotografo: l’inquinamento luminoso. Questo sottoprodotto del consumismo è legato ad una cattiva illuminazione notturna che invece di inviare luce unicamente verso il manto stradale, ne invia la maggior parte verso il cielo. Tale luce diffonde, così come i raggi solari durante il giorno, illuminando il cielo di un colore arancione nascondendone le stelle. Tale perenne crepuscolo ha reso in questi anni invisibile la Via Lattea da cieli suburbani e persino le stelle, se non le più luminose, da cieli urbani.

L’inquinamento luminoso è un problema mondiale, anche se a livello europeo l’Italia è uno tra i paesi meno rispettosi della salvaguardia del cielo stellato. In particolare, nel nostro paese, la Pianura Padana risulta essere tra le zone più inquinate d’Europa (vedi Figura 2.2).

Figura 2.2: L’inquinamento luminoso ripreso dalle Prealpi lombarde.

Aspettando che le leggi regionali varate nella direzione di un contenimento dell’inquinamento luminoso vengano attuate, possiamo utilizzare quest’ultimo come un “soggetto astrofotografico”.

Possiamo quindi armarci di reflex e cavalletto e salire di notte sui colli e monti prealpini ed appenninici al fine di riprendere questo ennesimo scempio naturale (scoprendo che la Via Lattea sta sparendo persino dai cieli prealpini a decine di chilometri dai centri urbani).

Impostate quindi la vostra fotocamera digitale sulla posa M, aprite il diaframma il più possibile ed impostate un valore di ISO compresi tra 100 ed 800. Scattate per un tempo compreso tra 1 secondo e 30 secondi in autoscatto con tempo di attesa di almeno 2 secondi. Variate i tempi di esposizione finché otterrete immagini di vostro gradimento. Se volete che i punti più luminosi della vostra immagine presentano spikes allora utilizzate un filtro stella o chiudete il più possibile il diaframma. In quest’ultimo caso i tempi potrebbero superare i 30 secondi e quindi diventa necessario l’utilizzo di un telecomandino (o scatto remoto da PC) e in taluni casi cambiare il menù da posa M a posa bulb (B). Esistono plug-in per Photoshop in grado di simulare l’effetto spikes. Il risultato è buono anche se lo “spikes” reale o da filtro è sicuramente migliore dal punto di vista estetico.

Ricordiamo infine che le immagini che riprendono l’inquinamento luminoso devono essere unicamente di denuncia, al fine di portare a conoscenza dei cittadini lo stato attuale di spreco di energia elettrica durante le ore notturne. Spreco che poi colpisce direttamente i cittadini tramite opportune tassazioni (gran parte dell’illuminazione è pubblica). Non è intenzione dell’autore quindi trasformare l’inquinamento luminoso in un soggetto fotografico.

Oggi fortunatamente è possibile arginare il problema dell’inquinamento luminoso utilizzando opportuni filtri anti-inquinamento luminoso come gli SKYGLOW, CLS, IDAS LPS e UHC nelle forme sempre più selettive (UHC-S, UHC-E, UHC). Questi sono filtri passa banda in grado di tagliare le lunghezze d’onda associate all’illuminazione notturna ovvero principalmente lampade vapori di Sodio e Mercurio.

Mantenendo gli impianti attuali, lo sviluppo della tecnologia LED a spettro continuo vanificherebbe anche questo ultimo tentativo di riprendere il cielo notturno con conseguenze disastrose per il mondo dell’astrofoografia / astronomia amatoriale.




I segreti del tramonto

Cominciamo l’odissea che ci porterà a ottenere delle ottime riprese astrofotografiche disponendo solo di una reflex digitale dotata di obiettivo grandangolare o fisheye e un cavalletto non necessariamente robusto. Partiamo pertanto dal soggetto più comune: il tramonto.

Molti di voi saranno sicuramente rimasti abbagliati dai colori che accompagnano il tramonto del Sole, specialmente se contornati da un bel paesaggio; sia esso marittimo o montano. Come intrappolare tali emozioni e colori nella schedina della nostra macchina fotografica digitale?

Riprendere il tramonto non è così semplice come sembra. Esistono infatti varie tecniche di ripresa dell’evento a seconda di quello che vogliamo rappresentare e delle emozioni che vogliamo suscitare in colui che guarderà le nostre immagini. Ricordiamo pertanto quelle più comuni e di facile realizzazione:

  • Tramonto in silhouette (Figura 2.1): questa è la tecnica più semplice che si può ottenere senza l’ausilio di un cavalletto fotografico e persino utilizzando strumenti quali compatte, tablet e smartphone. Potete impostare la vostra reflex sul menù automatico, puntare il cielo lasciando l’orizzonte nel primo terzo dell’immagine e scattare. Quello che otterrete sarà un paesaggio molto scuro che con programmi per la post produzione quali Photoshop o Gimp (vedi appendice B) potrete rendere uniformi e di colore nero (la silhouette appunto) ed un cielo in grado di mostrare tutti i colori del tramonto. In alternativa al paesaggio potete pensare di anteporre una figura umana. Se invece volete sentirvi più padroni della vostra reflex, cambiate il menù da automatico a posa manuale (M). In questo caso potrete controllare tutte le impostazioni della fotocamera ottenendo immagini migliori a patto di montare la vostra camera su un cavalletto fotografico. Abbassate quindi gli ISO al valore minimo possibile (di solito 100), chiudete il diaframma in modo da avere sufficiente profondità di campo (diciamo maggiore di f/6.3) e regolate i tempi in modo che l’immagine risulti correttamente esposta o leggermente sottoesposta. Al fine di non avere del micromosso, consiglio l’utilizzo di un telecomando (quello che ha sostituito il vecchio “flessibile” delle fotocamere analogiche) o impostare un autoscatto con ritardo di almeno 2 secondi. A volte potrebbe essere interessante ottenere l’immagine del Sole al tramonto dotato di spikes. Per fare questo potete o chiudere il diaframma al massimo valore consentito oppure utilizzare un filtro stella. Nel primo caso consigliamo ottiche perfettamente pulite al fine di evitare immagini fantasma che possono rovinare il risultato finale.
  • Tramonto in doppia esposizione o HDR (Figura 2.1): alcuni di voi però vorrebbero riprendere contemporaneamente un bel cielo con i colori del tramonto ed il paesaggio illuminato, così come lo vede l’occhio umano. L’occhio umano in realtà non “vede” contemporaneamente il cielo ed il paesaggio così come la reflex non riesce in un solo scatto ad immortalare le luci del tramonto e le “ombre” del paesaggio. Questo perché la dinamica dell’occhio umano e delle reflex digitali non riescono a coprire una gamma così ampia di sfumature che vanno da colori molto chiari (le “luci” del tramonto) a colori molto scuri (il paesaggio in “ombra”). Eppure ad occhio nudo ci sembra di cogliere tutte le sfumature contemporaneamente, come è possibile? L’occhio umano si muove velocemente inquadrando paesaggio e cielo adattando così i tempi di posa. In questo modo il cervello riesce a darci la sensazione di avere tutto esposto correttamente. Come fare ad ottenere lo stesso risultato con una reflex? Dobbiamo fare quello che fa il cervello; ovvero riprendere un’immagine esposta correttamente per il cielo ed una per il paesaggio e poi unire le due con i appositi programmi di post produzione. Tale tecnica prende il nome di doppia esposizione ed in rete è possibile reperire infinite informazioni su come applicarla con i più disparati software di elaborazione delle immagini. Un’altra tecnica è quella di unire più scatti a tempi di esposizione diversi in modo da allargare la dinamica della nostra fotocamera. Questa, seppur molto simile alla doppia esposizione, prende il nome di HDR (High Dynamic Range) e può essere implementata grazie a numerosi software. Alcune fotocamere di ultima generazione permettono di fare l’HDR automaticamente. Ma come riprendere i vari scatti? Purtroppo sarà necessario montare la nostra reflex su cavalletto fotografico dato che l’inquadratura non deve cambiare da scatto a scatto. Nel caso della doppia esposizione si farà una ripresa in modo da avere un cielo ben esposto, in cui sono visibile tutte le sfumature del tramonto. Successivamente, senza cambiare inquadratura, si farà un altro scatto in cui il paesaggio apparirà correttamente esposto. State attenti a non fare scatti troppo differenti (cielo molto scuro e paesaggio molto chiaro) in quanto poi risulterà difficile unirli in post produzione. Per l’HDR invece impostate la vostra reflex in modo da fare due (o più) scatti successivi a +/- uno (o più) stop. A questo punto la fotocamera riprenderà tre immagini in successione, una esposta correttamente, una sottoesposta (per il cielo) ed una sovraesposta (per il paesaggio). Provate anche a +/- due stop nel caso in cui il paesaggio sia molto scuro. Anche per le doppie esposizioni ed HDR potrebbe essere interessante utilizzare filtri stella o chiudere il diaframma al fine di ottenere spikes intorno al Sole.

Figura 2.1: A sinistra tramonto in silhouette ripreso con uno smartphone. A destra tramonto in HDR.

In questo paragrafo abbiamo imparato a riprendere il nostro primo soggetto astronomico: il tramonto. Non vi resta quindi che sfruttare la vostra fantasia per creare fantastiche silhouette e cercare paesaggi indimenticabili, cornici di quello che sarà il vostro primo capolavoro astrofotografico! Ovvio che quanto detto per il tramonto vale anche per l’alba… chi soffre d’insonnia è quindi avvisato 😉

 




REFLEX E CAVALLETTO, UN GIOCO DA RAGAZZI

Alla luce di quanto imparato nel capito precedente siamo pronti per affrontare il grande passo: scattare le nostre prime immagini astronomiche. Per fare questo non serve molto: una fotocamera digitale, un cavalletto fotografico e un telecomando (quando necessario). Questo capitolo vi fornirà tutti gli ingredienti per cucinare le vostre fantastiche immagini. Tra le tante cose impareremo anche a giocare con il fuoco, ovvero con la nostra stella: il Sole. RICORDIAMO CHE OSSERVARE IL SOLE SIA AD OCCHIO NUDO CHE ATTRAVERSO STRUMENTI OTTICI QUALI OBIETTIVI, TELESCOPI, BINOCOLI O ALTRO PUÒ CAUSARE GRAVI DANNI ALLA VISTA. L’AUTORE DI QUESTO LIBRO NON SI RITIENE RESPONSABILE DELL’UTILIZZO IMPROPRIO DI TALI STRUMENTI. PER OSSERVARE IL SOLE È PERTANTO SEMPRE OBBLIGATORIO L’UTILIZZO DI FILTRI SPECIALIZZATI. Per maggiori informazioni rivolgetevi al gruppo astrofili più vicino a casa vostra o scrivete direttamente all’autore del libro.




L’Universo che cambia

Se non fosse per le fasi lunari e le strutture variabili del nostro Sole come le macchie o le protuberanze, l’Universo apparirebbe statico, dato che i tempi “evolutivi” del Cosmo sono ben più lunghi della vita di un essere umano. Il lettore potrebbe quindi pensare che dopo anni di osservazioni e riprese fotografiche la vita dell’astrofilo sia destinata a diventare noiosa e poco stimolante. Eppure non tutte le “stelle” del cielo rimangono “fisse” nel corso dei mesi e degli anni; alcune si muovono percorrendo nel cielo lo stesso tragitto compiuto dal Sole e dalla Luna e noto come eclittica. Tali stelle presero in passato il nome di pianeti ovvero “stelle erranti”. Ad occhio nudo essi appaiono infatti come stelle molto luminose, facilmente visibili ad occhio nudo anche da centri cittadini. Il movimento dei pianeti rispetto alle stelle fisse non è così veloce come uno potrebbe aspettarsi: nell’arco di un’intera notte è infatti difficile avvertirne lo spostamento. Tale moto diviene evidente solo con il passare dei giorni o dei mesi, specialmente se il pianeta si trova basso sull’orizzonte.
I pianeti più luminosi visibili da Terra sono Venere di colore bianco e Giove di colore giallo. A seguire Marte, di colore rosso mattone, che per motivi orbitali varia di molto la sua luminosità passando dall’essere una tra le stelle più luminose del cielo ad una stella di media luminosità. Mercurio, di colore arancione, è piuttosto luminoso ma essendo sempre vicino al Sole è difficile da individuare, immerso tra le luci di alba e tramonto. Infine via via più deboli troviamo Saturno e Urano. Il primo di colore giallo ed il secondo, al limite della visibilità ad occhio nudo, di colore azzurro. Per osservare l’ultimo pianeta del Sistema Solare, Nettuno, è invece necessario utilizzare un binocolo di medie dimensioni o un piccolo telescopio.

Tutti i pianeti ruotano intorno al Sole muovendosi su un piano che visto in sezione rappresenta l’eclittica. Rispetto all’orbita descritta dal nostro pianeta, è possibile distinguere tra pianeti interni ed esterni. I primi si trovano sempre tra noi ed il Sole e pertanto è impossibile osservarli nel cuore della notte. Questi inoltre potranno apparire in fase o transitare sul disco solare. I pianeti esterni di contro potranno essere visibili anche nel cuore della notte. Il punto di massima visibilità e di minima distanza dal nostro pianeta è quella in cui il pianeta esterno si trova allineato con la Terra ed il Sole. Tale condizione prende il nome di opposizione. I pianeti esterni non presenteranno quindi una fase visibile, mantenendosi sempre prossima al 100%, e soprattutto non potranno mai transitare sul disco solare. Ricordiamo infine che i pianeti interni sono Mercurio e Venere, mentre quelli esterni sono Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno (vedi Figura 1.10).

Figura 1.10: I pianeti del Sistema Solare come visibili in un telescopio amatoriale.

I pianeti però non sono gli unici astri “erranti”. Esistono infatti corpi minori, e quindi meno luminosi, che si spostano tra le stelle fisse. Uno di questo venne addirittura ad occupare la posizione di pianeta fino al 24 Agosto del 2006: Plutone. Stiamo parlando di pianeti nani e asteroidi. I primi sono corpi celesti simili ai pianeti ma di piccole dimensioni, mentre i secondi sono corpi rocciosi di piccole dimensioni con orbita compresa tra quella di Marte e Giove. I pianeti nani classificati sino ad oggi sono cinque: Cerere, Plutone, Haumea, Makemake ed Eris. Gli asteroidi sono invece migliaia e spesso più che con un nome vengono identificati con una sigla.

Oggetti tanto misteriosi quanto affascinanti sono invece le comete, palle di neve sporca che per instabilità gravitazionali vengono a modificare la propria orbita “cadendo” verso le regioni interne del Sistema Solare. Quando si avvicinano al Sole il ghiaccio che le costituisce sublima dando luogo a quella che è l’atmosfera cometaria: la chioma. Gas e polveri vengono così emessi nello spazio e conseguentemente spazzati via dal vento solare formando la coda cometaria. Ricordiamo che il 2013 sarà ricordato per gli abitanti dell’emisfero boreale come l’anno delle comete dato che ben tre comete luminose varcheranno i nostri cieli: la cometa PAN-STARRS, LEMMON ed ISON.  Quando il nostro pianeta, durante il suo moto di rivoluzione intorno al Sole, attraversa i detriti lasciati nello spazio dalle comete abbiamo il manifestarsi del fenomeno degli sciami meteorici. Quindi le meteore o “stelle cadenti” non sono altro che detriti di origine cosmica che, cadendo verso Terra, si “incendiano” emettendo luce. Se una meteora cade sino a sfiorare la superficie terrestre, rendendosi talvolta persino udibile a grande distanza, si parla di bolide. Quando una meteora arriva a colpire la superficie terrestre prende allora il nome di meteorite.

Concludiamo infine ricordando che oltre ai corpi celesti abbiamo i satelliti artificiali e la stazione spaziale internazionale (ISS) che appaiono in cielo come stelle luminose in moto tra le stelle fisse. Queste possono poi scomparire magicamente nel nulla quando passano attraverso il cono d’ombra generato dalla Terra. Alcuni satelliti invece possono ruotare su se stessi velocemente riflettendo come dei flash la luce del Sole. Tali flash che appaiono ad occhio nudo come dei bolidi sono chiamati iridium flash.
Non siete soddisfatti della vastità di oggetti da osservare e riprendere con le vostre fotocamere digitali che vi offre l’Universo? Allora ve ne aggiungiamo altri. Infatti, oltre ai corpi celesti “erranti” esistono altri che variano la loro luminosità nel tempo. Esempi sono le stelle variabili che cambiano la loro luminosità passando dall’essere visibili ad occhio nudo ad essere faticosamente distinguibili con un binocolo. Il motivo di tale variazione di luminosità dipende dalla natura della stella (sistema doppio che si eclissa reciprocamente, stelle instabili, …).

Altri esempi sono le novae, ovvero stelle che per un certo periodo della loro vita vanno incontro a fenomeni esplosivi violenti in grado di aumentarne la luminosità. L’ultima nova visibile ad occhio nudo è stata la Nova Delphini 2013 esplosa il 14 Agosto del 2013 nella costellazione del Delfino (vedi Figura 1.11).

Figura 1.11: la Nova Delphini 2013 e la piccola nebulosa planetaria NGC6905.

Ultimo fenomeno transitorio ma non meno importante è l’esplosione di supernova. In questo caso la luminosità della stella, giunta ormai al termine della propria vita, aumenta vertiginosamente, diventando così il corpo più luminoso dell’intera galassia che la ospita. L’esplosione di supernova è un fenomeno raro all’interno di una stessa galassia, ma considerando la quantità enorme di galassie alla portata dei telescopi amatoriali, scopriamo che ogni mese è possibile riprenderne almeno una (vedi Figura). Ben diverso è osservare una supernova all’interno della Via Lattea. L’ultima esplosione fu la così detta “stella di Keplero”, osservata nell’ormai lontano 9 Ottobre del 1604. Alcune delle nebulose che oggi osserviamo nel cielo non sono nient’altro che resti di quelle imponenti esplosioni.

 




Vita e morte delle stelle

Seppur in quantità minore rispetto al Sole, anche la luce lunare viene diffusa dalla nostra atmosfera donando al cielo notturno una colorazione bluastra. Purtroppo a seguito dell’inquinamento luminoso questo fenomeno non è più osservabile da cieli urbani e suburbani dove la volta celeste appare perennemente di colore giallo-arancione.

Una stella risulta visibile a occhio nudo quando è distinguibile dal fondo cielo. Questo ovviamente nei limiti imposti dalla natura stessa dell’occhio umano. Quindi se il cielo aumenta la sua luminosità discostandosi dal colore nero, se ne deduce che il numero di stelle visibili ad occhio nudo tende mano a mano a diminuire. Il caso limite è ovviamente il cielo diurno dove la diffusione della luce solare cela all’occhio umano la visione di tutte le stelle presenti. Se pertanto vogliamo osservare un cielo ricco di stelle dobbiamo cercare un cielo buio che si traduce in basso inquinamento luminoso e assenza di Luna in cielo. Questo spiega perché gli astrofili osservano gli oggetti celesti prevalentemente in condizioni di Luna Nuova e perché gli Osservatori Astronomici aprono le loro porte al pubblico quasi unicamente in Luna Piena.

È giunto quindi il momento di fare il grande balzo. Scegliete quindi il weekend più vicino alla Luna Nuova, prendete la vostra automobile e correte il più lontano dai centri cittadini. Dato che a diffondere la luce sono principalmente le particelle di acqua presenti in atmosfera, cercate un posto asciutto come i valichi alpini o le cime di colli. A questo punto, aspettate due ore circa dopo il tramonto in modo da dare tempo al Sole di andare sufficientemente sotto l’orizzonte, portando con se la sua luce accecante. Alzate quindi gli occhi al cielo: ciò che vedrete sarà un’esperienza unica e indimenticabile. Le stelle in cielo saranno tantissime e le più luminose sembreranno cadervi in testa. Solo dopo una mezz’ora riuscirete ad orientarvi e a distinguere quelle poche stelle che avete imparato a riconoscere dai cieli inquinati di casa vostra.

Ora che avete cominciato a ritrovare le vostre stelle di guida, siete pronti per cominciare a navigare tra gli astri celesti che inondano la volta celeste. Ma prima di fare ciò osservate con attenzione le stelle più luminose. Non sono tutte dei puntini bianchi. Alcune di esse avranno una colorazione più giallognola, alcune rosso mattone, altre azzurro chiaro. Le stelle assumono infatti colorazioni differenti a seconda della loro natura e del loro stato evolutivo. Purtroppo anche l’esperienza di osservare i colori delle stelle sta diventando un lontano ricordo per gli astrofili che vivono sotto cieli urbani o suburbani.
Quei puntini luminosi (ora potremmo dire anche colorati) che chiamiamo abitualmente stelle sono in realtà sfere di plasma del tutto simili al nostro Sole, poste a distanze enormi da noi. Le dimensioni di questi “Soli” variano moltissimo passando da circa 20 km di diametro a 2600 volte il diametro del nostro Sole, pari a 1391000 chilometri.

Ancora una volta le dimensioni di una stella dipendono dalla loro natura e dal loro stato evolutivo. Infatti, come gli esseri viventi, anche le stelle nascono, crescono e muoiono. Volendo semplificare e generalizzare l’evoluzione stellare potremmo affermare che, da una nube di gas primordiale, condensarono in un passato più o meno lontano una o più stelle, così come le gocce di pioggia condensano dalle nuvole. La forza di gravità responsabile di tale condensazione ha permesso alle regioni centrali della stella neonata di raggiungere temperature elevatissime in grado di innescare reazioni di fusione termonucleare. Saranno proprio queste ultime a permettere alla stella di non collassare ulteriormente e di brillare per miliardi di anni. In questa condizioni di stabilità si trova ad esempio ora il nostro Sole. Dopo miliardi di anni però il “combustibile nucleare” presente nel cuore della stella tende ad esaurirsi. Ecco quindi che con il venire meno delle reazioni di fusione termonucleare la stella ritorna in una fase di instabilità e a seconda della sua massa può procedere attraverso vie più o meno tormentose che la porteranno a liberarsi di quasi tutto il gas che la compone attraverso processi più o meno esplosivi. Il gas così liberato nello spazio prende il nome di nebulosa (vedi Figura 1.6). Proprio in queste nebulose potranno successivamente nascere nuove stelle. Quando la stella libera il proprio gas in maniera non violenta, allora la nebulosa assume una forma sostanzialmente sferica e si parla di nebulose planetarie (vedi Figura 1.6).

Figura 1.6: A sinistra la nebulosa planetaria M27 nella costellazione della Volpetta. A destra la Grande nebulosa di Orione

Il nostro Sole finirà la propria esistenza generando una nebulosa planetaria. Il nome “planetario” deriva dal fatto che in passato, quando la qualità ottica dei telescopi era piuttosto scarsa, queste nebulose venivano confuse con dischi planetari.

Seppur deboli rispetto alle stelle, le nebulose sono visibili sia ad occhio nudo che ovviamente attraverso binocoli o telescopi. Come detto in precedenza, da una nube primordiale possono nascere più stelle contemporaneamente che pertanto appariranno in cielo in forma di gruppi, destinati a dissolversi nel corso di miliardi di anni. Tali gruppi di stelle, alcuni dei quali visibili facilmente ad occhio nudo, prendono il nome di ammassi aperti (vedi Figura 1.7).

Figura 1.7: A sinistra il Doppio Ammasso del Perseo. A destra l’ammasso globulare M22 nel Sagittario.

La distanza tra una stella e l’altra dell’ammasso è generalmente molto grande tanto da ritenere le stelle come sistemi indipendenti. Altre volte però due o più stelle possono trovarsi così vicine da cominciare a ruotare le une intorno alle altre. In questo caso si parla di sistemi multipli e possono essere osservate con piccoli telescopi. Quando le stelle del sistema sono solo due si parla di stelle doppie. Ovviamente due stelle molto vicine in cielo non sempre sono legate fisicamente. Infatti talvolta appaiono tali solo a causa di un allineamento prospettico fortuito tra stelle molto lontane tra loro. In questo caso si parla di stelle doppie prospettiche. Una stella doppia prospettica assai nota è la coppia Alcor e Mizar che costituisce una delle sette stelle dell’Orsa Maggiore.

Ma le stelle sono distribuite uniformemente nella volta celeste? Se la osservate in primavera la risposta sembrerebbe essere si, ma osservando il cielo notturno in tutte le altre stagioni osserverete una striscia lattiginosa attraversare il cielo. Proprio in questa striscia troverete il maggior numero di nebulose ed ammassi aperti visibili ad occhio nudo. Si chiama Via Lattea e rappresenta una vera e propria “nube” di stelle (vedi Figura 1.8).

Figura 1.8: La regione centrale della Via Lattea ripresa dall’isola di La Palma (Spagna).

Se infatti prendete un binocolo e percorrete la Via Lattea scoprirete che quella macchia lattiginosa non è altro che una distesa quasi infinita di stelle. In realtà tutte le stelle visibili di notte ed il nostro stesso Sole appartengono a questo vastissimo insieme di stelle che chiamiamo Galassia. Intorno alla Via Lattea si sono poi formati degli addensamenti di stelle a forma sferica detti per l’appunto ammassi globulari (vedi Figura 1.7).

Se ora guardiamo nel cielo più profondo è possibile osservare altri insiemi di stelle del tutto simili alla nostra Galassia. Sono le galassie (con la “g” minuscola) di cui la più vicina, nota come galassia di Andromeda, è visibile persino ad occhio nudo da cieli particolarmente bui (vedi Figura 1.9).

Scopo di questo paragrafo è di fornire al lettore la terminologia astronomica necessaria per comprendere i soggetti di future riprese astrofotografiche. Non è nostro scopo dare una descrizione completa di tali corpi e fenomeni celesti. Il lettore interessato potrà trovare tali informazioni in qualsiasi libro di Astronomia.

Figura 1.9: La galassia di Andromeda (M31).

 




Luna e Sole

Potremmo affermare che tra tutti i corpi celesti, la Luna e il Sole sono quelli più noti anche tra le persone non appassionate di Astronomia. In passato erano importantissimi, dato che con il loro moto, determinavano il passare del tempo. Il Sole è la stella più vicina alla Terra e questo fa si che essa appaia come l’oggetto più luminoso del cielo. La sua luminosità è così elevata che la luce solare viene diffusa dall’atmosfera terrestre che pertanto si illumina coprendo così la luce delle altre stelle. Questo è il motivo per cui di giorno non riusciamo ad osservare nessun corpo celeste ad eccezione della Luna, del pianeta Venere e di eventuali fenomeni transienti come comete, meteore o esplosioni di supernovae (vedi paragrafo 2.4 e 2.5). Grazie all’ausilio di filtri specializzati è possibile osservare una regione della nostra stella nota come fotosfera, che potremmo definire come la “superficie” del Sole. Questa appare come una superficie luminosa uniforme, solcata a volte da macchie scure e filamenti brillanti. Le prime sono note come macchie solari e rappresentano delle regioni più fredde della fotosfera. Queste prendono parte alla rotazione solare e evolvono nel tempo modificando continuamente la loro forma e dimensione. Il Sole presenta dei periodi in cui è ricco di macchie solari, alternati a periodi di apparente quiescenza. Tali periodi prendono rispettivamente il nome di massimi e minimi solari. La distanza temporale tra due massimi solari è nota come ciclo solare ed è pari a circa 11 anni. Le regioni più brillanti della fotosfera sono le facole e in contrapposizione alle macchie solari sono regioni particolarmente calde. Grazie a particolari telescopi, noti come telescopi solari H-alfa, è possibile osservare la regione sovrastante la fotosfera, nota come cromosfera. La cromosfera potremmo interpretarla come “l’atmosfera solare”. Le strutture più evidenti della cromosfera sono le protuberanze solari; immensi getti di gas e plasma che raggiungono spesso dimensioni enormi, pari a parecchie volte il diametro dell’intera Terra. La cromosfera è visibile, insieme alla regione ancor più esterna costituita da gas rarefatto e nota con il nome di corona, durante le eclissi totali di Sole.

Figura 1.4: Eclissi Totale di Sole - 11/08/1999. Visibile chiaramente la corona solare e più internamente la cromosfera di colore rosso.

Durante questi fenomeni visibili da Terra, la Luna si interpone tra il Sole e il nostro pianeta, oscurando così la luce della fotosfera e rendendo visibili le parti meno luminose: cromosfera e corona. Quando la sovrapposizione non è perfetta e la Luna non riesce a coprire perfettamente il Sole allora si parla di eclissi anulare.
La Luna appare vista dal Terra delle stesse dimensioni angolari del Sole. Questo è dovuto al fatto che il diametro della nostra stella sia circa 400 volte quello lunare e, nello stesso tempo, la Luna sia 400 volte più vicina alla Terra. Condizione fortuita ma che permette il manifestarsi delle eclissi totali così come le conosciamo. La Luna è il nostro unico satellite naturale e ruota intorno a noi, così come su se stessa, con un periodo di circa un mese. Conseguenza di questo sincronismo tra periodo di rivoluzione e rotazione è il fatto che la Luna mostra a noi terrestri sempre la stessa faccia. A causa del moto di rivoluzione intorno alla Terra, la Luna presenta le fasi. Quando la Luna è completamente illuminata dal Sole si parla di Luna Piena, quando è illuminata per metà Luna al Primo o Ultimo Quarto infine quando non è illuminata e quindi invisibile tra le luci del giorno si dice essere Luna Nuova. Se, durante la fase di Luna Piena, il nostro satellite viene completamente oscurato dal cono d’ombra terrestre, allora si manifesta un’eclissi totale di Luna. Potrete ben capire che le eclissi di Sole avvengono unicamente in Luna Nuova, quando il nostro satellite si trova tra noi ed il Sole mentre quelle di Luna in Luna Piena. Ingrandendo il disco lunare attraverso un semplice binocolo, teleobiettivo o telescopio è possibile notare alcune conformazioni tipiche quali crateri da impatto, pianure note anche con il nome di “mari lunari”, vallate e catene montuose (vedi Figura 1.5).

Figura 1.5: Particolare della superficie lunare. Sono visibile alcune catene montuose, vallate e pianure nonché i numerosi crateri da impatto.

Come per la durata del giorno, anche il periodo tra due Lune Piene non è esattamente 27 giorni 7 ore e 42 minuti, ovvero il periodo di rivoluzione della Luna detto mese siderale, ma 29 giorni 12 ore e 44 minuti a seguito del moto della Terra intorno al Sole. Quest’ultimo periodo è detto mese sinodico.




E pur si muove!

Nel paragrafo 1.1 abbiamo posto le basi necessarie per individuare i quattro punti cardinali e in particolare la posizione della stella Polare. Ciò, abbiamo detto, è particolarmente semplice nei mesi compresi tra Marzo e Giugno, ossia quando la costellazione dell’Orsa Maggiore è alta sopra l’orizzonte. Quest’ultima frase sottende il fatto che le costellazioni in cielo si muovono. Questo moto non coinvolge le singole stelle ma la volta celeste nel suo complesso, lasciando pertanto invariata la forma delle costellazioni.

Infatti è possibile notare come durante la notte tutte le stelle, fisse nella loro reciproca posizione relativa, sembrano ruotare da est verso ovest tracciando delle circonferenze intorno alla stella Polare ed intorno ad un punto posto sotto l’orizzonte a sud come mostrato in Figura 1.3.

Figura 1.3: A sinistra è visibile il moto relativo delle stelle intorno al polo celeste (nord). A destra invece è possibile notare come le stelle più basse a sud incominciano a ruotare intorno all'altro polo celeste (sud)

In realtà questo effetto è una diretta conseguenza del fatto che la Terra ruota su se stessa. Esistono quindi solo due punti nel cielo che non partecipano al moto della volta celeste ovvero quelli che giacciono esattamente sull’asse di rotazione terrestre. Questi punti a seconda che si trovano sopra il polo nord o sud terrestre prendono rispettivamente il nome di polo celeste nord e polo celeste sud. La stella Polare si trova a pochissima distanza dal polo celeste nord e questo spiega perché è l’unica stella che dalle nostre latitudini non cambia mai la sua posizione nel cielo. Purtroppo non esiste una stella luminosa nei pressi del polo celeste sud e questo fa si che, in termini di orientamento, il nostro emisfero (boreale) sia sicuramente avvantaggiato rispetto all’altro (australe).

Visto dallo spazio i poli celesti si trovano esattamente sopra i rispettivi poli terrestri. Pertanto un osservatore posto a una latitudine λsulla superficie terrestre osserverà il polo celeste a un’altezza λ (in gradi) sopra l’orizzonte. Per gli astrofili e astrofotografi Italiani quindi la stella Polare si troverà ad un’ altezza compresa tra 35° (Lampedusa) e 47° (Alto Adige) dall’orizzonte nord.

Riassumendo, nel corso della notte, tutta la volta celeste e quindi le stelle, sembrano ruotare rigidamente in senso antiorario intorno ad un unico punto fisso identificato nel nostro emisfero dalla stella Polare. Questo è lo stesso moto che ogni giorno percorrono il Sole, la Luna e tutti i corpi del Sistema Solare. Se ora supponiamo di registrare la posizione di una stella a una determinata ora della notte allora, dopo una rotazione completa della Terra intorno al suo asse, ovvero dopo un giorno, questa dovrebbe trovarsi nella stessa identica posizione. Tale condizioni è verificata solo se la Terra non partecipa al moto di rivoluzione intorno al Sole. Il moto di rivoluzione intorno al Sole fa si che al normale moto di rotazione terrestre si debba aggiungere un moto di rotazione “fittizio” di periodo 365 giorni 6 ore 9 minuti e 10 secondi (anno siderale). Ecco quindi che una stella si troverà nello stesso punto del cielo non dopo 23 ore 56 minuti e 4 secondi, noto come giorno siderale ma dopo circa 24 ore noto come giorno solare vero. In realtà a seguito dell’orbita non perfettamente circolare della Terra e dell’angolo di inclinazione del pianeta rispetto al piano orbitale, il giorno solare vero varia durante l’anno con un minimo di 23 ore 59 minuti e 39 secondi a cavallo del 17 Settembre ed un massimo di 24 ore 0 minuti e 30 secondi a cavallo del 24 Dicembre. Per tale motivo spesso si preferisce usare il giorno solare medio pari a 24 ore esatte.

In questo paragrafo abbiamo quindi scoperto quali sono le caratteristiche del moto relativo della volta celeste e l’importanza che la stella Polare ricopre per l’emisfero boreale.




La volta celeste da cieli urbani e suburbani

Soffermarsi ad ammirare un cielo stellato rilassandosi sotto di esso, magari immersi in un fresco prato estivo è un’esperienza fantastica, ma da questa a sapersi orientare tra quei puntini luminosi vi è un abisso. Abisso che spesso appare profondo e impenetrabile.

I più caparbi solitamente acquistano libri di Astronomia per neofiti pensando di trovarvici la chiave di lettura, la bussola necessaria per orientarsi nel cielo notturno. Eppure sfogliando le mappe celesti non si riesce, almeno le prime volte, a trovare un riscontro con le stelle che vediamo scrutando dalla finestra di casa. Ecco quindi che, se non si hanno amici astrofili, ci si sente smarriti. In questo paragrafo non riporteremo mappe celesti o informazioni generiche, ma cercheremo di dare le informazioni necessarie per interpretare i numerosi libri di introduzione all’Astronomia disponibili in libreria.

Cominciamo con il dire che le mappe celesti che trovate nei libri riportano le stelle visibili ad occhio nudo da un cielo a medio-basso inquinamento luminoso. Oggi è possibile ritrovarsi in tali condizioni salendo in montagna o allontanandosi il più possibile da centri abitati. La prima condizione è fondamentale per gli abitanti della Pianura Padana al fine di evitare la presenza di nebbia o foschia che inevitabilmente attenua la luce delle stelle e diffonde la luce artificiale delle città. Sono infatti tali luci, spesso non necessarie o mal progettate, a generare quel bagliore luminescente noto come inquinamento luminoso che va a nascondere la tenue luce delle stelle.

Per imparare ad osservare il cielo notturno con i tradizionali libri di Astronomia è pertanto necessario allontanarsi da casa. Questa condizione sfortunata è purtroppo esperienza comune per la maggior parte degli Italiani che vivono in regioni urbane o suburbane. Inoltre, al fine di comprendere i moti relativi della volta celeste il cielo notturno deve essere osservato con continuità. Queste condizioni rendono all’apparenza inutile qualsiasi libro di Astronomia oggi in commercio.

Impariamo quindi a nuotare nei nostri cieli inquinati per poi tuffarci, i fine settimana, nelle profondità di cieli bui trapuntati da miriadi di stelle.

Cominciamo pertanto con il considerare le notti di cielo sereno, senza eccessiva nebbia o foschia. In questa fase di apprendimento sono ideali le notti ventose, capaci di abbassare l’umidità e rendere il cielo particolarmente trasparente.

In particolare iniziamo ad osservare il cielo in assenza di Luna. Il bagliore del nostro satellite naturale infatti va a peggiorare la qualità della nostra osservazione. Per lo stesso motivo attendete due ore dopo il calare del Sole in modo che le luci del tramonto abbiano ormai lasciato il passo alla notte. Ovviamente d’estate vi toccherà rimanere svegli più a lungo.

Detto questo, siete ormai quasi pronti per iniziare il vostro primo viaggio; vi rimane ancora una cosa da fare: osservare il Sole. Mi chiederete che senso ha osservare il Sole per orientarsi di notte, ma presto lo scoprirete da soli.

Osservate il moto del Sole durante il giorno da casa vostra, individuando il punto dove sorge al mattino e dove tramonta la sera. Non serve una determinazione precisa, basta solo localizzare l’area di cielo relativa ad alba e tramonto.

A questo punto avete già imparato un concetto astronomico importante: la regione di cielo dove sorge il Sole è l’est. La regione di cielo dove tramonta il Sole è l’ovest. Avrete sicuramente notato come est ed ovest si trovino in punti diametralmente opposti del cielo. Indicate ora con il braccio sinistro l’est e con il braccio destro l’ovest. La regione di cielo di fronte a voi è il sud. Alle vostre spalle non vi rimane che il nord. Osservando il moto diurno del Sole sarete così riusciti ad individuare i quattro punti cardinali.

Scegliamo ora una serata di cielo sereno, preferibilmente senza Luna, nel periodo dell’anno compreso tra Marzo e Giugno e puntiamo il nostro sguardo verso nord. Dovremmo individuare sette stelle molto luminose, alte sull’orizzonte (praticamente sopra la nostra testa nel mese di Maggio), la cui disposizione oltre ai nomi delle singole stelle è riportata in Figura 1.1

Figura 1.1: La costellazione dell'Orsa Maggiore (immagine ottenuta con il programma Stellarium)

Tale agglomerato di stelle, d’ora in poi parleremo di costellazione, è noto come Orsa Maggiore. Tracciamo ora una linea immaginaria tra le stelle Merak e Dubhe. Muoviamoci così lungo questa linea nella direzione indicata dalle stelle Alioth, Mizar e Alkaid. La prima stella luminosa che troveremo è la stella Polare (vedi Figura 1.2).

Se sino a questo punto avete fatto tutto correttamente, la stella polare dovrebbe trovarsi esattamente nella regione di cielo che voi avete identificato come nord. Questa stella è molto importante perché, mentre la costellazione dell’Orsa Maggiore si muoverà notte dopo notte e nel corso stesso della notte, la Polare non si sposterà mai.

Figura 1.2: Come identificare la stella Polare a partire dalla costellazione dell’Orsa Maggiore (immagine ottenuta con il programma Stellarium)

Primo passo da fare per navigare tra le stelle è quella di cercare la stella Polare. Per fare questo dovrete innanzitutto cercare nel cielo l’Orsa Maggiore che si trova alta nel cielo solo nei mesi compresi tra Marzo e Giugno. Trovata la stella polare, indicatela con il braccio destro. Il braccio sinistro indicherà così il sud, di fronte a voi avrete l’ovest e alle vostre spalle l’est. Data la posizione della stella Polare siete così in grado di riconoscere i quattro punti cardinali senza dover osservare il moto del Sole per un’intera giornata.

Perché non usare una bussola? Il motivo principale è che utilizzando la stella Polare cominciate ad avere un contatto con il cielo ed a stimare le dimensioni di una costellazioni (alcuni confondono le Pleiadi con la costellazione dell’Orsa Minore). Inoltre gran parte delle bussole economiche non segnano mai il nord.

Come procedere ora? A questo punto dovrete prendere una mappa del cielo o utilizzare software gratuiti come Stellarium. Posizionate il punto cardinale della mappa o della simulazione virtuale in modo che sia di fronte a voi. Alzate gli occhi al cielo e cercate di individuare le costellazioni presenti utilizzando come metro la costellazione dell’Orsa Maggiore. Ovviamente dai cieli di casa vostra non riuscirete mai a vedere tutte le stelle riportate nelle mappe astronomiche. Cominciate con le costellazioni più appariscenti che nei mesi compresi tra Marzo e Giugno sono: Leone, Gemelli, Boote e la Lira. Di queste dovreste individuare quasi tutte le stelle principali. Dopodiché provate a trovare tutte le altre costellazioni che potrebbero però apparire prive di qualche stella nascosta tra le luci dell’inquinamento luminoso. La lista delle costellazioni visibili ad occhio nudo da cieli urbani e suburbani è riportata in appendice A.

Divertitevi quindi cercando, notte dopo notte, di ricostruire la mappa del cielo visibile da casa vostra. Se vi imbattete in qualche stella molto luminosa che però non appare nelle vostre mappe astronomiche non vi preoccupate: è un pianeta. Avete così quattro mesi per imparare ad individuare le costellazioni dopodiché l’Orsa Maggiore non sarà più visibile e dovrete quindi utilizzare le costellazioni studiate in questo periodo per ritrovare il nord e la stella Polare.

Quando vi sentirete pronti a fare il grande balzo prendete l’automobile e andate lontano dalle città sotto un cielo buio. In queste condizioni le costellazioni appariranno ben visibili in cielo in tutte le loro parti e la prima impressione sarà quella di un completo smarrimento. Le prime volte non riuscirete persino a ritrovare la stessa costellazione dell’Orsa Maggiore, persa tra migliaia di stelle.

Siete ormai pronti per navigare in mare aperto. Buon viaggio!




E QUINDI USCIMMO A RIVEDER LE STELLE

Il primo passo per diventare grandi astrofotografi è quello di conoscere ciò che si sta fotografando. Questo principalmente per due motivi. Il primo è di tipo puramente pratico dato che la conoscenza del cielo e dei suoi moti permette di comprendere il funzionamento degli strumenti astronomici ed eventualmente lo sviluppo di nuove tecniche e tecnologie. Il secondo motivo invece è di tipo culturale giacché conoscere i soggetti delle proprie riprese permette di apprezzare maggiormente il “lavoro” svolto con tanta fatica.

Se poi l’astrofotografia è affiancata dall’astrofilia allora l’esperienza di passare una notte sotto un cielo stellato può diventare unica e veramente affascinante. In questo capitolo cercheremo di fornire le informazioni base utili per comprendere e orientarsi tra le stelle del firmamento. Non è nostra intenzione sostituire i numerosi volumi di “Introduzione all’Astronomia” che a nostro avviso sono complementari alla lettura di questo libro. In particolare impareremo ad orientarsi nei cieli urbani e suburbani ovvero quelli che possiamo osservare comodamente da casa. Una volta ultimata la nostra “scuola guida”, non ci resterà che allontanarci dalle fonti di inquinamento luminoso e cominciare a viaggiare verso l’infinito e oltre.