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Sole in Hα – 09/12/2012

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): LUNT H-alpha 60mm BF1200 [Gruppo Amici del Cielo]

Camera di acquisizione (Imaging camera): Imaging Source DBK31.AU03 colori [4.65 μm] [Gruppo Amici del Cielo]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): non presente (not present)

Camera di guida (Guiding camera): non presente (not present)

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): Registax6 + Adobe Photoshop CS6

Accessori (Accessories): non presente (not present)

Filtri (Filter): non presente (not present)

Risoluzione (Resolution): 1024 x 768

Data (Date): 09/12/2012

Luogo (Location): Briosco – MB, Italia (Italy)

Pose (Frames): mosaico di 17 pose, ciascuna somma di 1000 frames per l’immagine a colori (mosaic of 17 pictures, each one is sum of 1000 frames for the true color image) / mosaico di 12 pose, ciascuna somma di 1000 frames per l’immagine solar nirvana (mosaic of 17 pictures, each one is sum of 1000 frames for the solar nirvana image).

Calibrazione (Calibration): non presente (not present)

Fase lunare media (Average Moon phase): 13%

Campionamento (Pixel scale): 1950 sec / 1016 pixel = 1.9193 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 500 mm

Sole in Hα – 09/12/2012

Riportiamo anche l’immagine della sola Cromosfera (effetto eclisse) / Image of Chromosphere only (eclipse effect) is also reported.

Sole in Hα – 09/12/2012

Riportiamo il Solar Nirvana effettuato sul bordo nord occidentale del Sole / Solar Nirvana is also reported.

Solar Nirvana - Sole 09/12/2012




Giove – 19/12/2012

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher WidePhoto 200 mm f/4

Camera di acquisizione (Imaging camera): Imaging Source DBK31.AU03 colori/color [4.65 μm] – Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): non presente (not present)

Camera di guida (Guiding camera): non presente (not present)

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): Registax5.1/Registax6 + Adobe Photoshop CS6

Accessori (Accessories): Lente di Barlow TeleVue Powermate 5x (TeleVue Powermate 5x Barlow lens)

Filtri (Filter): non presente (not present)

Risoluzione (Resolution): 1024 x 768800 x 600

Data (Date): 19/12/2012

Luogo (Location): Briosco – MB, Italia (Italy)

Pose (Frames): somma di circa 1000 frames

Calibrazione (Calibration): non presente (not present)

Fase lunare media (Average Moon phase): 49.9%

Campionamento (Pixel scale): 0,21727 arcsec/pixel – 0.24599 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 4360 mm

Giove - 19/12/2012 - il satellite in figura è Io

 

Giove - 19/12/2012 - il satellite in figura è Io

 

Giove - 19/12/2012 - il satellite in figura è Io

 

Giove - 19/12/2012 - il satellite in figura è Io

(clicca qui per scaricare le immagini originali in formato TIFF – click here in order to download the TIFF files)




La “modifica Baader” per DSLR

L’avvento della fotografia digitale ha aperto un nuovo mondo all’astrofotografo che da pellicole ipersensibilizzate, tiraggi e rullini in frigorifero si è ritrovato catapultato nel pianeta del rumore elettronico, somme e flat field.

Se però in passato per riprendere il cielo era necessaria tanta esperienza sul campo e una reflex, oggi non è più cosi. Infatti gran parte dell’esperienza la si fa davanti al computer sfogliando i numerosi articoli presenti sul web mentre una reflex digitale offre si la possibilità di riprendere il cielo ma con molte limitazioni. Infatti al fine di migliorare le immagini fornite dai sensori digitali, che altrimenti risulterebbero poco definite, si è deciso di montare di fronte al sensore CMOS un filtro IR-cut. Questo è importantissimo per le riprese diurne ma è un peso insostenibile per l’astrofotografo notturno. Tale filtro è vero che taglia l’IR ma, allo stesso tempo, diminuisce notevolmente la sensibilità del sensore nella regione rossa dello spettro elettromagnetico ed in particolare in prossimità della lunghezza d’onda a 6561.1 Å nota come linea Hα dell’Idrogeno. Gran parte delle nebulose purtroppo emettono in questa frequenza e una riduzione di efficienza quantica in tale zona risulta pertanto dannosa in termini astrofotografici.

Ecco quindi che l’azienda Baader ha messo in produzione alcuni filtri che, se sostituiti a quelli ufficiali posti di fronte al sensore delle DSLR, permettono di recuperare completamente l’efficienza quantica in quella regione dello spettro. I filtri Baader rimangono dei filtri IR-cut, dato che la radiazione IR deve comunque essere bloccata al fine di salvaguardare la qualità dell’immagine, ma allo stesso tempo risultano trasparenti alla linea Hα dell’Idrogeno. Ovviamente la Baader non è l’unica azienda che produce filtri del genere ma ad oggi la sostituzione del filtro originale con uno astronomico prende generalmente il nome di “modifica Baader”. Anche Canon ha prodotto due modelli di reflex digitali con filtri modificati per l’astronomica ed esattamente la Canon EOS 20Da e la moderna Canon EOS 60Da.

Figura 1: L'efficienza quantica dei pixel rossi di una Canon EOS 40D originale (linea tratteggiata) e modificata Baader (linea continua). La banda nera rappresenta la posizione della linea Hα dell'Idrogeno, lunghezza d'onda dove emettono gran parte delle nebulose.

Escludendo questi modelli “commerciali”, la sostituzione dei filtri Baader è a carico del consumatore che può comunque fare affidamento su persone specializzate nel settore che sostituiscono il filtro ad un prezzo contenuto.

Ma quanto si guadagna in termini astrofotografici con la sostituzione del filtro? La risposta è semplice: molto. Se si considera ad esempio una Canon EOS 40D; l’efficienza quantica dei pixel rossi passa dal 8.09% originali al 24.61% del modello modificato Baader (vedi Figura 1). Un fattore 3 in efficienza quantica svolge un ruolo fondamentale nella buona riuscita di una ripresa astronomica. Un confronto tra due riprese effettuate con una Canon EOS 500D originale e modifica è riportato in Figura 2.

Cosa possiamo dire riguardo i pixel verdi e blu? Come influisce la modifica su questi tipi di pixel? La risposta è semplice e la trovate nella figura 1 dell’articolo “Efficienza Quantica”. La modifica Baader sostanzialmente non modifica l’efficienza quantica dei pixel verdi e blu. Questo si traduce nel non avere nessun tipo di guadagno in luminosità per oggetti di quel colore. Pertanto, riprendere nebulose come quella che circondano le Pleiadi o galassie come la Grande Galassia di Andromeda, con filtro originale o Baader, non comporta nessuna differenza.

Figura 2: Un confronto tra due immagini della nebulosa M8 ed M20 nel Sagittario riprese con una Canon EOS 500D originale (immagine di sinistra) e modificata (immagine di destra).




NGC 7635 – 10/12/2012

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher BlackDiamond 150 mm f/5

Camera di acquisizione (Imaging camera): CCD Atik 314L+ B/W [6.45 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): Rifrattore ED (ED reftactor) Tecnosky Carbon Fiber 80mm f/7

Camera di guida (Guiding camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): IRIS + Adobe Photoshop CS3/CS6

Accessori (Accessories): correttore di coma Baader MPCC (coma corrector)

Filtri (Filter):  Astronomik CCD Hα 13nm, Astronomik CCD RGB

Risoluzione (Resolution): 1391 x 1039 (originale/original), 1291 x 951 (finale/final)

Data (Date): 06-10/12/2012

Luogo (Location): Briosco – MB, Italia (Italy)

Pose (Frames): 5 x 900 sec bin 1×1 Hα (06/12/2012) a/at -17.0°C, 6 x 480 sec bin 1×1 R (10/12/2012) a/at -14.9°C, 4 x 480 sec bin 1×1 G (10/12/2012) a/at -14.9°C, 4 x 480 sec bin 1×1 B (10/12/2012) a/at -14.9°C.

Calibrazione (Calibration): 5 x 900 sec dark Hα (06/12/2012), 9 x 480 sec dark RGB (10/12/2012), 50 bias Hα (06/12/2012), 50 bias RGB (10/12/2012), 50 flat Hα (06/12/2012), 50 flat R (10/12/2012), 50 flat G (10/12/2012), 50 flat B (10/12/2012)

Fase lunare media (Average Moon phase): 42% (06/12/2012), 6% (10/12/2012)

Campionamento (Pixel scale): 660 sec / 374.66 pixel = 1.7616 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 750 mm

Note (note): LRGB (HαRGB)

NCG 7635 - 10/12/2012

Per scaricare i file originali in formato FIT clicca qui (password richiesta) / Click here in order to download the original files in FIT format (password request)




Efficienza Quantica

Nell’articolo Il fotoelemento: fotodiodo e photogateabbiamo visto come un fotone di lunghezza d’onda compresa tra 350 e 1100 nm ha una certa probabilità di venir “convertito” in elettroni liberi. Ovviamente quanto detto è un concetto generale che in questo post andremo ad approfondire più dettagliatamente. In primo luogo ricordiamo che il limite a bassa lunghezza d’onda è fissato dalla riflessione dei fotoni incidenti sul Silicio che compone il fotoelemento mentre quello ad alta lunghezza d’onda è fissato dall’energy gap del materiale. A lunghezze d’onda inferiori e superiori il Silicio diviene praticamente trasparente (riflettente) alla radiazione luminosa.

Nell’articolo E’ questione di elettroni abbiamo detto che se un fotone si trova nel range di lunghezze d’onda appropriato, questo verrà assorbito dal fotoelemento. Questo è vero se lo spessore del Silicio fosse infinito. Infatti un fotone di lunghezza d’onda λ ha una determinata probabilità P di essere assorbito da uno spessore d di Silicio. Per un fotoelemento, tale probabilità è generalmente inferiore al 100% e aumenta all’aumentare di d. Questo spiega perché i sensori retroilluminati (più spessi) sono anche quelli più sensibili alla radiazione luminosa.

Ora, P(λ) rappresenta veramente la probabilità che un fotone di lunghezza d’onda λ venga registrato dal nostro sensore, sia esso di tipo CCD o CMOS? Ovviamente no. Infatti P(λ) non tiene in considerazione la geometria del fotoelemento, la capacità di raccogliere la carica depositata e molti altri fattori. La grandezza fisica che raccoglie tutte queste informazioni è detta efficienza quantica QE. Ovviamente QE è funzione di λ e riflette complessivamente l’andamento di P(λ).

L’efficienza quantica, per definizione, è riferita ad un singolo fotoelemento e quindi è un concetto generalizzabile ad un sensore a patto di considerare la risposta di ciascun pixel alla luce identica. Inoltre la risposta del Silicio alla luce dipende dalla temperatura dello stesso ed in particolare si ha una riduzione di QE al diminuire della temperatura di funzionamento. Quindi non è sempre detto che un Silicio funziona tanto meglio quanto raffreddato (si veda l’articolo “Il dark frame”).

Al fine di migliorare l’assorbimento della luce, solitamente viene posto uno strato antiriflesso di fronte al fotoelemento.

Nel caso delle DSLR è necessario prendere in considerazione anche la presenza dei filtri interposti nel cammino ottico. In particolare il filtro IR-cut posto di fronte al sensore e la matrice di filtri colorati RGB. Ecco quindi che rivenditori, come ad esempio Nikon o Canon, forniscono per ogni fotocamera digitale tre curve di efficienza quantica, una per ciascun filtro colorato.

In figura 1 riportiamo l’efficienza quantica dell’occhio umano, di un sensore CCD (Atik 314L+ monocromatica), di un sensore CMOS (Magzero MZ-5m) e di una reflex digitale (sensore CMOS Canon EOS 40D) con e senza modifica Baader.

Figura 1: confronto tra efficienze quantiche di diversi strumenti per la visione/ripresa notturna.




NGC 7635 – 06/12/2012

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher BlackDiamond 150 mm f/5

Camera di acquisizione (Imaging camera): CCD Atik 314L+ B/W [6.45 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): Rifrattore ED (ED reftactor) Tecnosky Carbon Fiber 80mm f/7

Camera di guida (Guiding camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): IRIS + Adobe Photoshop CS3/CS6

Accessori (Accessories): correttore di coma Baader MPCC (coma corrector)

Filtri (Filter):  Astronomik CCD Hα 13nm, Astronomik CCD SII 13nm, Astronomik CCD OIII 12nm

Risoluzione (Resolution): 1391 x 1039

Data (Date): 06/12/2012

Luogo (Location): Briosco – MB, Italia (Italy)

Pose (Frames): 5 x 900 sec bin 1×1 Hα, 1 x 1024 sec bin 1×1 SII, 1 x 1024 sec bin 1×1 OIII

Calibrazione (Calibration): 5 x 900 sec dark, 1 x 1024 sec dark, 50 bias, 50 flat x  Hα, 50 flat x SII, 50 flat x OIII

Fase lunare media (Average Moon phase): 42%

Campionamento (Pixel scale): 660 sec / 374.66 pixel = 1.7616 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 750 mm

Note (note): LRGB (HαSIIHαOIII)

NGC 7635 - 06/12/2012

NGC 7635 - 06/12/2012 (filtro/filter Hα)

NGC 7635 - 06/12/2012 (filtro/filter SII)

NGC 7635 - 06/12/2012 (filtro/filter OIII)




Giove – 03/12/2012

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher WidePhoto 200 mm f/4

Camera di acquisizione (Imaging camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): non presente (not present)

Camera di guida (Guiding camera): non presente (not present)

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): Registax6 + Adobe Photoshop CS6

Accessori (Accessories): Lente di Barlow TeleVue Powermate 5x (TeleVue Powermate 5x Barlow lens)

Filtri (Filter): non presente (not present)

Risoluzione (Resolution): 800 x 600

Data (Date): 03/12/2012

Luogo (Location): Briosco – MB, Italia (Italy)

Pose (Frames): somma di 500 frames

Calibrazione (Calibration): non presente (not present)

Fase lunare media (Average Moon phase): 76%

Campionamento (Pixel scale): 48.46 sec / 197 pixel = 0.24599 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 4360 mm

(clicca qui per scaricare l’immagine originale in formato TIFF – click here in order to download the TIFF file)

Giove - 03/12/2012




Archiviazione delle informazioni

Abbiamo visto in ADC dal mondo analogico a quello digitale” come il risultato finale della nostra ripresa astrofotografica, effettuata con sensori CCD o CMOS, sia una sequenza di segnali digitali in grado di fornire informazioni sul numero di fotoni che hanno inciso durante l’esposizione su ogni singolo fotoelemento a semiconduttore. Questi segnali digitali dovranno quindi essere ora memorizzati in maniera opportuna su un supporto informatico come una scheda di memoria (ce ne sono di diversi tipi tra cui le più diffuse sono le SD e CF) o il disco fisso di un computer (nel caso di scatto remoto). Come sappiamo il risultato di questa memorizzazione sarà un file.

In astrofotografia digitale abbiamo molteplici formati in grado di memorizzare i file contenenti le informazioni della ripresa. In questo post analizzeremo i file più diffusi.

RAW

Con la parola RAW (grezzo) si indicano i file memorizzati dalle fotocamere digitali in grado di contenere tutte le informazioni in uscita dall’ADC. Dato che ogni casa produttrice ha un sistema diverso di acquisizione e conversione del segnale analogico in digitale, esistono molteplici file RAW, ciascuno con la sua estensione proprietaria. Ad esempio Canon utilizza il formato CRW (Canon RaW) con estensione CR2 mentre Nikon utilizza il formato NEF (Nikon Electronic Format) con estensione omonima.

I file RAW sono importantissimi per l’astrofotografia, dato che contengono le informazioni “originali” del sensore, prima che il processore della camera demosaicizzi l’immagine come descritto in “Costruire un’immagine a colori”. Il processo di demosaicizzazione include un peggioramento della qualità dell’immagine e dovrebbe venire applicato solo una volta che tutti i parametri di ripresa (bilanciamento del bianco, contrasto, …) sono stati opportunamente corretti. Questi parametri vengono corretti automaticamente dal processore. Ma se volessimo correggerli noi? In questo caso solo il file RAW ci permette di accedere alle informazioni necessari.

Ovviamente utilizzando i file RAW si rende necessario una “demosaicizzazione” a mano, oggi automatizzata da software di post produzione come Adobe Camera Raw (plug-in di Photoshop) o IRIS. Questi software sono in grado di leggere gran parte dei formati RAW proprietari oggi presenti sul mercato.

Data l’enorme mole di informazioni contenute nel file RAW, questi occupano molto spazio su disco, aumentando di conseguenza il tempo di salvataggio. Mentre quest’ultimo problema è risolubile solo aumentando la velocità dell’elettronica della camera e dei supporti di archiviazione, la riduzione dello spazio su disco è possibile utilizzando software di compressione.

Come si può ben capire il RAW non è un file immagine ma un file di dati. Una volta modificati opportunamente i parametri di ripresa il software di post produzione procede con la demosaicizzazione generando un’immagine a colore. Questa dovrà essere salvata in un file di tipo immagine. Quindi riassumendo, ad ogni file RAW corrisponde un file immagine. Nelle prossime sezioni vediamo quali sono i file immagini più diffusi in astrofotografia.

TIFF (8 o 16 bit/canale, compresso), PIC e BMP

L’immagine a colori fornita dal file RAW ha un gamma tonale dettata dal numero di bit dell’ADC come illustrato nel post “ADC: dal mondo analogico a quello digitale”. Questa non è ovviamente visualizzabile dato che molto spesso è superiore alla gamma tonale dell’occhio umano pari ad 8bit. Quello che succede è che la gamma tonale viene compressa dal numero di bit dell’ADC a 8bit. Questa “compressione” però è solo visuale, l’immagine che fuoriesce da un file RAW contiene infatti tutta la gamma tonale originale. In questo modo se tagliate parte dell’istogramma dell’immagine ottenuta a partire da un file RAW non perderete in quantità, dato che avrete un numero di toni sovrabbondante rispetto a quelli che può vedere l’occhio umano.

Il formato immagine in grado di memorizzare tutta la gamma tonale originale fornita dal file RAW sono il PIC ed il TIFF a 16 bit/canale. Al momento, dato che il numero di bit (per canale RGGB) fornito dagli ADC di DSLR e CCD è generalmente inferiore o uguale a 16bit, il TIFF a 16 bit/canale ed il PIC risultano essere formati appropriati.

È però possibile salvare l’immagine prodotta dal file RAW in un formato ad 8bit. In questo caso la visualizzazione compressa si trasforma in vera è propria riduzione del numero di bit e quindi della gamma tonale. Esempi sono i formati TIFF a 8bit/canale o BMP.

Perché salvare un’immagine in formato TIFF a 8bit/canale o BMP quando esistono formati come il TIFF a 16bit/canale o PIC? La ragione è ovviamente di natura pratica: diminuire lo spazio occupato dai file su disco.

In astrofotografia digitale, la pratica più utilizzata è quella di salvare l’immagine generata dal file RAW in TIFF a 16bit/canale o PIC ed effettuare la cosmetica su questi tipi di file. In questo modo sfrutteremo al meglio il segnale fornito dall’ADC della nostra fotocamera digitale. Una volta applicate tutte le modifiche sarà possibile salvare l’immagine in formato TIFF a 8bit/canale o BMP ottenendo un file di dimensioni inferiori e di facile trasportabilità. La riduzione della gamma tonale non comporterà perdite alla qualità dell’immagine. Ovviamente una volta convertita in immagine ad 8bit/canale non sarà possibile apportare altre modifiche di cosmetica all’immagine a meno di non voler perdere dettagli o introdurre artefatti (come la posterizzazione, vedi il post “Istogramma e stretching dinamico: come ottenere il massimo dalla dinamica del nostro sensore”).

È possibile inoltre comprimere i file TIFF in modo che questi occupino meno spazio su disco, senza perdere nessuna informazione. Tale formato si chiama, con molta fantasia, TIFF compresso.

JPEG

Il formato JPEG è sicuramente il formato immagine più diffuso, principalmente grazie alle ridotte dimensioni che questo occupa su disco. La gamma tonale che questo file riesce a memorizzare è di soli 8bit/canale, quindi del tutto simile ad un TIFF 8bit/canale o ad un BMP. Perché allora il formato JPEG occupa meno spazio addirittura di un TIFF compresso?

Anche le immagini JPEG sono compresse, ma utilizzano metodi lossy ovvero che durante la compressione perdono informazioni. Questo processo distruttivo per l’immagine permette al JPEG di occupare dimensioni anche molto ridotte. La perdita di qualità dell’immagine a seguito della compressione viene caratterizzata da una grandezza nota come fattore di compressione.

L’utilizzo di immagini JPEG è vivamente sconsigliato in astrofotografia. È comunque possibile salvare una compia dell’immagine finale ad 8bit o 16bit non compressa in JPEG al fine di una sua distribuzione sul web. In tal caso, per mantenerne la qualità si consiglia di utilizzare un fattore di compressione minimo.

Alcune DSLR permettono il salvataggio RAW + JPEG, utile per visualizzare velocemente le informazioni contenute nel file RAW

Ricordiamo infine che le fotocamere digitali, se non indicato diversamente, salvano le immagini su scheda (o disco nel caso di controllo remoto) in formato JPEG. Lo sviluppo RAW in JPEG ovvero la demosaicizzazione, bilanciamento del bianco e compressione, vengono effettuati dal microprocessore della DSLR (DIGIC per fotocamere Canon). Questo perché il tempo di processo sommato a quello di memorizzazione del formato JPEG su scheda è decisamente più veloce del solo salvataggio del file RAW. Ovviamente scattando in JPEG il file RAW (sempre prodotto) rimane in memoria e viene subito cancellato dopo il processo di “sviluppo” in JPEG.

FITS

Il formato FITS è molto diffusi in Astronomia e recentemente è divenuto uno standard per CCD astronomici amatoriali. Come il file RAW, questo formato contiene tutte le informazioni relative al sensore CCD precedenti al processo di demosaicizzazione.

Oltre all’immagine il file FITS può contenere molteplici informazioni e questo ne giustifica l’utilizzo in ambito scientifico professionale. Altro vantaggio che diventerà importante in futuro con le nuove generazioni di ADC, è che il formato FITS permette di salvare immagini a 32bit/canale.

File FITS possono essere interpretati da software come FITS Liberator (Plug-in di Photoshop) o IRIS.

Concludendo quindi abbiamo scoperto come ottenere il massimo dalle nostre immagini digitali ed in particolare è stata illustrata una procedura che a partire dal file RAW ci permette di costruire immagini corrette a 16bit o superiore. Queste possono essere a loro volta modificate grazie ai programmi di post produzione come Photoshop ed infine salvate in formati compressi come il “comodo” JPEG.

Il file RAW, così come l’immagine a 16bit (o superiore) devono venire archiviate, perché contengono tutte le informazioni sullo scatto. I file JPEG invece possono essere utili per un’eventuale pubblicazione sul web o per inviare le fotografie tramite mail.




Giove – 20/11/2012

Briosco (MB), 20/11/2012 – Giove

Telescopio di ripresa: Riflettore Newton SkyWatcher Black Diamond 150 mm f/5

Montatura: Equatoriale alla tedesca, SkyWatcher NEQ6

Camera di ripresa: MagZero MZ-5m B/W, Celestron NexImage colori, Imaging Source DBK31.AU03 colori.

Elaborazione e note: Immagine ripresa con MagZero MZ-5m – Somma di due immagini, ciascuna somma di 500 frame effettuata con Registax6. Elaborazione finale con Photoshop. Immagine ripresa con Celestron NexImage – Somma di 500 frame effettuata con Registax6. Elaborazione finale con Photoshop. Immagine ripresa con Imaging Source DBK31.AU03 – Somma di 1000 frame effettuata con Registax6. Elaborazione finale con Photoshop.

Giove - 20/11/2012 ripreso con camera MagZero MZ-5m

Giove - 20/11/2012 ripreso con camera Celestron NexImage

Giove - 20/11/2012 ripreso con camera Imaging Source DBK31.AU03




M33 (NGC 598) – 07/11/2012

Sormano (CO), 07/11/2012 – M33

Somma di 16 immagini da 195 secondi 800 ISO + 45 bias + 12 dark + 45 flat effettuata con IRIS + Photoshop

Telescopio di guida: Rifrattore ED 80 mm f/7 + Camera Magzero MZ-5m. Software controllo PhD guiding.

Telescopio di ripresa: Newton 150 mm SkyWatcher Black Diamond f/5 + correttore di coma + Camera Canon EOS 500D modificata. Software controllo Canon Utility.

M33 (NGC 598)

presentiamo anche una seconda elaborazione effettuata utilizzando la tecnica del Layered Contrast Stretching

M33 applicando il metodo Layered Contrast Stretching




IC 1396 – 05/11/2012

Briosco (MB), 05/11/2012 – IC1396
Composizione LRGB [HαHαSIIOIII] effettuata con IRIS + Photoshop dove:

  • L: Filtro Astronomik Hα 13nm. Somma di 3 immagini da 1200 secondi bin 1 x 1 effettuata con IRIS.
  • R: Filtro Astronomik Hα 13nm. Somma di 3 immagini da 1200 secondi bin 1 x 1 effettuata con IRIS.
  • G: Filtro Astronomik SII 13nm. Somma di 3 immagini da 1200 secondi bin 2 x 2 effettuata con IRIS.
  • B: Filtro Astronomik OIII 12nm. Somma di 3 immagini da 1200 secondi bin 2 x 2 effettuata con IRIS.

Telescopio di guida: Rifrattore ED 80 mm f/7 Tecnosky Carbon Fiber + Camera Magzero MZ-5m.
Obiettivo di ripresa: Newton 150 mm f/5 SkyWatcher Black Diamond + Correttore di Coma Baader + filtro Astronomik +  CCD Atik 314L+ B/W.

L’immagine è stata pensata come un primo test del nuovo Newton 150 mm f/5 Black Diamond. Purtroppo l’umidità si è depositata sulle ottiche durante la notte rovinando completamente la posa.

IC 1396 - 05/11/2012




Realizzare un Mosaico Lunare/Solare con una webcam

Su internet spesso si trovano immagini del disco lunare riprese con reflex digitali e obiettivi costosissimi. In questo articolo vedremo come con un telescopio economico (anche inferiore alle 500 euro) ed una webcam astronomica (da 150 euro circa) sia possibile fare delle riprese lunari con dettagli superficiali impressionanti, ben superiori a quelli ottenibili con una qualsiasi reflex digitale.
Partiamo dallo scoprire quali sono i due concetti che stanno alla base di questa tecnica che d’ora in poi chiameremo del “mosaico lunare/solare”.

RUMORE
Se puntate un 600 mm da 10’000 euro con rispettiva Canon EOS 1D Mark III DS da 6’200 euro (solo corpo) sul disco lunare e scattate, quello che otterrete è un singolo scatto del disco lunare da 21 Mpixel.
Non spaventatevi dei costi o dei fantastici 21 Mpixel, ma focalizzatevi sulla parola singolo scatto. Pensateci bene! Malgrado siamo di fronte ad una Canon EOS 1D Mark III DS, questa presenterà del rumore elettronico che andrà a disturbare la qualità della nostra immagine. La tecnica di riduzione del rumore può essere effettuata riprendendo multipli scatti e calibrando come descritto per l’astrofotografia deep sky nell’articolo “Guida all’astrofotografia digitale”. Ma quanti scatti possiamo effettuare… tanti: 10, 50, 100 … dipende dalla vostra pazienza.
Immaginate però ora di avere un piccolo sensore CCD, molto più sensibile alla luce e con rumore elettronico inferiore ai CMOS presenti nelle reflex digitali. Supponete anche che questo sensore sia in grado di riprendere dei video (AVI, RAW, …) con un numero di frame per secondo (frame rate) molto elevato, tipo 30 fps.

Esempio di webcam astronomica (una Philips SPC900NC modificata) applicata ad un telescopio.

Un video non è che una successione di immagini (frame) montati sequenzialmente uno dopo l’altro. Il programma Registax6, di cui in seguito riportiamo una guida all’utilizzo, permette di “smontare” i video AVI in singoli frame.
Con un frame rate di 30 fps, avrete 300 immagini in soli 10 secondi di video. A questo punto potrete utilizzare questi frame per effettuare somme e calibrazioni riducendo così ulteriormente il rumore elettronico.
Secondo voi quanto ci mettereste a scattare 1800 immagini in RAW con la vostra Canon EOS 1D Mark III DS? Con una webcam astronomica (dotata di CCD) vi basterà un solo minuto! Inoltre l’immagine finale sarà meno rumorosa data l’elevata qualità dei sensori CCD.

DIMENSIONE DELL’IMMAGINE
A questo punto però il fotografo malizioso potrebbe dire: “Ma io ho 24 Mpixel”, mentre tu con la tua CCD astronomica hai una risoluzione 640 x 480 pari a 0.3 Mpixel. Per rispondere alla provocazione possiamo sfruttare la tecnica del mosaico. Infatti il nostro fotografo ha un teleobiettivo da 600 mm. Se noi utilizziamo un sensore piccolo (quindi con fattore di amplificazione dell’immagine grande) con una lente moltiplicatrice e un telescopio di media focale, come quelli economici che trovate in un qualsiasi negozio di ottica, allora potrete riprendere la Luna a “pezzi” con una focale lunghissima e poi unire il tutto con la tecnica del mosaico (vedi guida). Con una webcam, alcuni astrofili sono riusciti ad ottenere un’immagine del disco lunare da 87.4 Mpixel!!! Ricordiamo inoltre che un qualsiasi telescopio, anche i più economici, hanno qualità ottica e diametro ben superiore a qualsiasi teleobiettivo in commercio.
Ovvio che per fare un buon mosaico è necessaria una buona dose di pazienza.

SEEING
Ed ecco infine uno dei problemi che solo una webcam può risolvere: il seeing. La luce che ci arriva dalla Luna, prima di arrivare nella nostra reflex, passa attraverso l’atmosfera terrestre. Oltre ad alterarne i colori, le differenze di temperatura tra gli strati più o meno densi dell’atmosfera terrestre, generano dei moti che si traducono in un effetto tipo “sfocatura” dell’immagine. Questo effetto prende il nome di “turbolenza atmosferica” o “seeing”. Effettuando un singolo scatto al disco lunare, quello che otterrete è un “surgelamento” del seeing, ovvero registrerete l’immagine così come in quello scatto è stata deformata / sfocata dal seeing. Se invece sommate molti frame estratti da un video, come avviene nelle webcam, allora il seeing risulterà “mediato”, ed essendo un fenomeno prevalentemente casuale, diminuirà come per magia all’aumentare del numero di frame utilizzati.

Concludendo, la ripresa del disco lunare e dei suoi particolari con DSLR e teleobiettivi costosi non ha passato, presente e probabilmente neppure futuro. Oggi abbiamo reflex in grado di effettuare video AVI in formato HD ma purtroppo non esiste ancora nessun software in grado di elaborare una mole così eccessiva di dati. Infine l’utilizzo di telescopi è sicuramente consigliato rispetto anche ai più costosi obiettivi dato che sono sistemi otticamente più semplici e spesso di qualità superiore. Una guida su come elaborare un video AVI al fine di ottenere l’immagine media e su come effettuare un mosaico lunare è riportata qui. Il software utilizzato è Registax6. Per scaricarlo basta seguire il link riportato in ASTROlink.




Tecniche di ripresa del cielo notturno

Il neofita spesso crede che l’unico modo per riprendere gli oggetti celesti sia collegare la propria reflex digitale al telescopio tramite “qualche” anello adattatore. In realtà questo è vero solo in parte. Esistono numerose configurazioni del proprio setup astronomico a seconda del campo visivo che l’astrofotografo vuole inquadrare. I metodi che affronteremo in questo post sono: ripresa a fuoco diretto, ripresa in parallelo, ripresa in proiezione di oculare e metodo afocale. Prima di affrontare però una descrizione dettagliata di questi, è corretto ricordare che è possibile riprendere il cielo anche senza l’ausilio di montature, fissando la propria camera ad un normale cavalletto fotografico. Per maggiori informazioni sulle possibilità che questo metodo offre si legga l’articolo “L’Astrofotografia di tutti i giorni”.

Ripresa a fuoco diretto e in proiezione d’oculare

Configurazione per riprese a fuoco diretto

La ripresa a fuoco diretto è la tecnica più “intuitiva” in cui, tramite un anello adattatore noto come anello T2, si collega al fuoco diretto del telescopio la propria fotocamera digitale. Ma cos’è il fuoco diretto?
Tutti i raggi di luce che incidono sul sistema ottico che costituisce il nostro telescopio (lenti e/o specchi) vengono focalizzati in un punto (piano) detto fuoco diretto del telescopio. Se però in prossimità del fuoco mettiamo un ulteriore sistema ottico, come un oculare, in grado di modificare l’ingrandimento fornito dal telescopio, allora questo modificherà il punto (piano) di fuoco che andrà a trovarsi in una posizione differente detta fuoco indiretto.
Se si pone la fotocamera digitale in concomitanza del fuoco indiretto è possibile riprendere l’oggetto celeste sfruttando l’ingrandimento fornito dall’oculare. Questa tecnica è detta ripresa a fuoco indiretto o in proiezione d’oculare.

Configurazione per riprese in proiezione d'oculare

Quando una reflex è collegata al fuoco diretto del telescopio la focale del sistema, così come il suo rapporto, è quella del telescopio. Nel caso invece di ripresa in proiezione d’oculare invece la focale equivalente sarà:
dove F è la focale del telescopio, Dp è la distanza tra l’oculare ed il sensore CMOS/CCD e Fo è la focale dell’oculare utilizzato per la proiezione. Da questa si evince il rapporto focale:
La ripresa a fuoco diretto è quella utilizzata per la ripresa di oggetti deep-sky mentre quella in proiezione d’oculare risulta adatta per la ripresa di stelle doppie e pianeti.

Ripresa in parallelo
Ma è strettamente necessario utilizzare un telescopio per riprendere il cielo notturno? In realtà no. È infatti possibile montare una fotocamera digitale equipaggiata di zoom, teleobiettivo o grandangolo in parallelo al telescopio, come mostrato in figura. Questo permette di aumentare il campo fornendo un ingrandimento adatto per la ripresa di grandi complessi nebulari, ammassi stellari o la Via Lattea stessa.

Configurazione per riprese in parallelo

Questo metodo è il più semplice, spesso alla portata del neofita. Il telescopio su cui è montato l’obiettivo può essere inoltre utilizzato come telescopio di guida, ovvero un sistema in grado di controllare che la montatura insegua bene il cielo mentre la camera è in ripresa.
In questa configurazione la lunghezza focale così come il rapporto, è quella dell’obiettivo montato in parallelo.

Metodo afocale
Questo metodo è quello più intuitivo e consiste nell’appoggiare una fotocamera digitale dotata di zoom direttamente all’oculare del proprio telescopio. In questo caso lo zoom rifocalizza sul sensore quanto verrebbe focalizzato normalmente sulla retina appoggiando l’occhio all’oculare, applicando inoltre un ulteriore fattore di ingrandimento. Dati i lunghi tempi di esposizione è spesso consigliato l’utilizzo di un supporto per la camera come quello mostrato in figura.

Configurazione per riprese con il metodo afocale

Questa tecnica è particolarmente adatta per la ripresa di stelle doppie e pianeti. Inoltre, data la configurazione del setup permette di utilizzare per riprese astrofotografiche anche telescopi dotati di fuoco interno come alcuni Newton o i telescopi solari LUNT PST.
In questo caso la focale equivalente del sistema è data da:dove Fm è la focale dell’obiettivo utilizzato, F la focale del telescopio e Fo la focale dell’obiettivo utilizzato. Il rapporto focale è invece definito come:

N.B.: tutte le focali indicate fanno riferimento ad un sensore FULL FRAME. Per calcolare la focale nel caso di sensori APS-C è necessario moltiplicare per il fattore di correzione (ad esempio 1.6 nel caso di Canon EOS 500D).




Corso di Astronomia alla Riserva Lago di Piano

ASTROtrezzi terrà un corso di Astronomia alla Riserva Lago di Piano. Questo si articolerà in tre lezioni di cui una pratica:

10 Novembre – ASTROfisica [SERATA CONFERMATA]
20.30 – Conferenza dal titolo “l’Universo a portata di mano”
In questa serata sarà possibile viaggiare nel tempo e nello spazio alla scoperta dell’Universo così come lo conosciamo oggi. Scopo della prima lezione è preparare il pubblico all’osservazione “pratica” del cielo notturno, oggetto della seconda serata.

DISPENSA DELLA CONFERENZA

Aurora Boreale da Sormano (CO) - Immagine GRUPPO AMICI DEL CIELO, tutti i diritti sono riservati

24 Novembre – ASTROfotografia [SERATA IN SOSTITUZIONE AD ASTRONOMIA]

20.30 – Conferenza dal titolo “Astrofotografia”
Ora che avete imparato ad orientarvi nell’immensità della volta celeste non volete scattare una foto ricordo? In questa conferenza vedremo come sia possibile riprendere il cielo utilizzando strumenti di vario genere: dal cellulare ai moderni CCD astronomici.

UNA SEMPLICE GUIDA ALL’ASTROFOTOGRAFIA DIGITALE LA TROVATE QUI, OPPURE LEGGETE IL LIBRO DI L. COMOLLI LA CUI RECENSIONE E’ RIPORTATA QUI. Ai neofiti suggeriamo anche gli articoli  L’Astrofotografia di tutti i giorni” e “Scegliere la propria strumentazione astrofotografica”.

08 Dicembre – ASTROnomia [SERATA CONFERMATA (EX 01 DICEMBRE 2012)]
20.30 – Osservazione del cielo stellato (vestirsi adeguatamente)
Vi siete mai chiesti come fanno gli astrofili a trovare galassie e nebulose nella vastità del cielo notturno? Con questo corso di Astronomia pratica all’aperto scoprirete come sia semplice orientarsi tra stelle e pianeti. Portate pure le vostre mappe del cielo e ottiche di vario genere (binocoli, cannocchiali o telescopi). Insieme scopriremo come sia semplice utilizzarle!

RIPORTIAMO DI SEGUITO LE FANTASTICHE IMMAGINI ASTRONOMICHE RIPRESE DA MOIRA CAPELLI AL TERMINE DEL CORSO DI ASTRONOMIA (fotocamera Canon EOS 60D a fuoco diretto di un telescopio Newton 150mm f/5)

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LA SERATA ASTRONOMIA SI TERRÀ IL GIORNO SABATO 08 DICEMBRE 2012 INDIPENDENTEMENTE DALLE CONDIZIONI METEO

PER ISCRIVERSI AL CORSO O MAGGIORI INFORMAZIONI: Quota di partecipazione 10.00 € per tutto il corso. Casa della riserva 0344/74961 oppure riservalagopiano@cmalpilepontine.itwww.facebook.com/riservalagodipianowww.facebook.com/volontarilagodipiano .




Scegliere la propria strumentazione astrofotografica

Muoversi nel mercato dell’astronomia ed in particolare in quello dell’astrofotografia può risultare difficile, specialmente per chi si affaccia per la prima volta a queste discipline. In questo post cercheremo di chiarirci le idee e “costruire” insieme la nostra prima strumentazione astronomica.
Il principiante si avvicina al mondo dell’astrofotografia sfogliando riviste e siti internet specializzati oppure come diretta conseguenza dei primi successi ottenuti con reflex digitale e cavalletto fisso utilizzando una di quelle tecniche descritte nell’articolo “L’astrofotografia di tutti i giorni”.
Recandosi nel primo negozio di ottica (e spesso anche di astronomia) quello che verrà proposto è un telescopio super-tecnologico in grado di puntare migliaia di oggetti celesti automaticamente. Il neofita, felice di non dover “studiare” il cielo delegando tutto al software del telescopio, lo acquista entusiasta pensando di aver speso molto per avere una strumentazione astronomica professionale. Inoltre le specifiche tecniche garantiscono ingrandimenti elevati e prestazioni di altissimo livello.
L’entusiasmo si trasforma regolarmente in delusione appena il giovane astrofilo cercherà di puntare il primo oggetto celeste. Questo non si troverà nel campo e richiederà una ricerca manuale, spesso complicata, da effettuare con uno strumento otticamente buio e montato su un cavalletto (in astronomia si parla di montatura) traballino. A questo punto c’è chi si rassegna, rimettendo il tutto nello scatolone e per sempre in cantina, chi insiste spinto dalla passione impazzendo definitivamente e chi vende tutto al fine di comprare un nuovo telescopio. Quanto state leggendo è pensato proprio per queste persone: astrofotografi potenziali uccisi dal mercato. Prima di pensare all’acquisto dello strumento bisogna però comprendere quali sono le parti più importanti di un setup astrofotografico:

M31 – 23/11/2009 ore 23.55 U.T., Canon 40D + Tamron CF 80-210 mm f/4.0 utilizzato a 210 mm, 90 secondi a 3200 ISO su EQ3.2. Filtro Tamron 58 mm Skylight A1.

Digital Single Lens Reflex (DSLR) – Reflex Digitale
Non è vero che per cominciare a riprendere il cielo è strettamente necessario avere una DSLR professionale o una camera CCD da migliaia di euro. È possibile infatti appoggiare una semplice fotocamera compatta all’oculare del telescopio riprendendo così le prime immagini di oggetti deep sky come ammassi stellari e nebulose nonché Luna e pianeti. Questo metodo, noto come metodo afocale, richiede l’acquisto di un apposito sostegno in grado di collegare la compatta al telescopio.
Ovviamente il metodo afocale con fotocamere compatte è solo un primo passo nel mondo dell’astrofotografia ma permette di ottenere velocemente risultati spesso gratificanti, soprattutto nella ripresa del nostro satellite naturale.
Se invece siete convinti di voler intraprendere la strada della fotografia astronomica allora l’acquisto di una reflex diviene necessaria. Quale? Qualsiasi, purché sia dotata di sistema LiveView, fondamentale per la messa a fuoco dello strumento (nel mirino della reflex, di notte, è praticamente impossibile vedere qualcosa).
Le moderne ed economiche Canon EOS 1000D e 1100D soddisfano già tutti i criteri astrofotografici.
Comprare una DSLR professionale per utilizzo prettamente astronomico ha un senso? La risposta è no. Con la stessa spesa è infatti possibile acquistare una camera CCD economica in grado di fornire immagini migliori.
Una volta che avrete cominciato a riprendere il cielo notturno vi accorgerete che le nebulose appariranno sempre di un rosa pallido. Questo è dovuto alla presenza di un filtro montato di fronte al sensore delle DSLR che, se per la fotografia diurna è importante al fine di ottenere immagini nitide, di notte diminuisce la sensibilità della camera alle lunghezze d’onda del rosso e quindi, di conseguenza, alla lunghezza d’onda di emissione delle nebulose (linea Hα). L’unico modo per aumentare la sensibilità della DSLR al rosso è quello di rimuovere il filtro originale e montare un filtro “astronomico”. Questa modifica prende il nome di “modifica Baader” in onore della principale ditta produttrice di filtri astronomici per DSLR.

Montatura
Una volta acquistata una camera digitale, il secondo e più importante step è la scelta della montatura. Il mercato offre molti modelli i cui prezzi variano da poche centinaia di euro a qualche decina di migliaia. Come orientarsi in questo zoo? Dato che questo post è pensato per neofiti, supponiamo che il budget a vostra disposizione sia comunque inferiore ai 1’500 €. In questo range non sono molte le montature a disposizione e ASTROtrezzi vi consiglia quelle prodotte dall’azienda SkyWatcher. Queste sono classificate utilizzando il nome EQ che sta per montatura equatoriale (si veda l’articolo “Le montature astronomiche”) associato ad un numero che cresce all’aumentare delle prestazioni. Queste ultime si possono riassumere nella qualità dell’inseguimento degli astri e nella capacità di sostenere una strumentazione pesante. Il modello più economico presente sul mercato è la EQ2. Questa, a mio avviso, NON è adatta per sostenere telescopi se non di piccole dimensioni, risultando infatti molto ballerina. Se proprio si vuole montare un telescopio si consiglia o un corto rifrattore o un Newton con diametro massimo pari a 130 mm.
Malgrado tutto, la EQ2 può comunque essere utilizzata per l’astrofotografia a patto che sia motorizzata (almeno in A.R.). Una montatura motorizzata non punta gli oggetti automaticamente ma si limita ad inseguire gli astri. Questa è l’unica funzione richiesta in astrofotografia, dato che gli oggetti si possono individuare nel cielo utilizzando le coordinate o, come si è sempre fatto con le mappe celesti.
Ma che immagini si possono ottenere con la EQ2? Purtroppo data l’esile struttura della montatura, l’unica cosa che possiamo utilizzare per riprendere il cielo sono obiettivi grandangolari montati direttamente sulla montatura costruendosi adattatori come quello riportato in “Collegare una fotocamera ad una montatura con attacco Vixen”. A differenza del cavalletto tradizionale, con una EQ2 è possibile riprendere in modo corretto la Via Lattea oltre ad ampie zone di cielo. Soggetti interessanti sono la costellazione di Orione o il Cigno che, in condizioni di cielo buio, possono offrire uno spettacolo unico.
Lo step successivo è l’acquisto di una montatura di tipo EQ3.2. Questa è più robusta della precedente e permette di montare obiettivi anche piuttosto pesanti. In visuale può sorreggere rifrattori e Newton con diametro massimo pari a 150 mm. Se motorizzata in entrambe gli assi e dotata di mirino polare è possibile riprendere immagini utilizzando obiettivi o zoom fino a circa 70 mm di focale.
Perché malgrado la montatura EQ3.2 sorregga obiettivi con focali superiori ai 70 mm bisogna comunque limitarsi a questo valore? Una montatura stazionata correttamente purtroppo non riesce ad inseguire adeguatamente gli astri. Questo perché è impossibile allinearla perfettamente con il polo celeste nord e anche se così fosse non è detto che i motori di inseguimento non commettano errori durante la posa.
Per risolvere questo problema è possibile montare il nostro teleobiettivo in parallelo ad un piccolo telescopio (si veda l’articolo “Tecniche di ripresa del cielo notturno” e “Collegare un fotocamera in parallelo con Geoptik GK2”) e, utilizzando un reticolo illuminato ed una stella, correggere gli eventuali errori di inseguimento della montatura.
Questa tecnica è nota come guida e con una montatura EQ3.2 garantisce un inseguimento discreto fino a focali pari a 100-300 mm. Oltre i 300 mm la risposta dei motorini alla guida risulta troppo imprecisa e le riprese presenteranno stelle non puntiformi. Non pensiamo però che con un teleobiettivo da 200-300 mm non sia possibile riprendere il cielo. Molte nebulose nonché la galassia di Andromeda sono ben inquadrate solo con focali inferiori ai 500 mm, quindi già con un piccolo teleobiettivo ce n’è di lavoro!
Ma se le nebulose più grandi non vi bastano più o volete una ripresa delle stesse in alta definizione effettuata con obiettivi corretti fino ai bordi, allora non vi bastano più gli zoom e i teleobiettivi ma dovrete comprare un piccolo rifrattore apocromatico. A questo punto i telescopi diventano due: uno di ripresa costoso e di ottima qualità ed uno di guida. Il peso della coppia sicuramente supera la massima portata della EQ3.2 e quindi dovrete passare al prossimo modello sul mercato, la HEQ5. Questa supporta in visuale rifrattori di tutte le dimensioni e Newton fino a 200 mm di diametro. In fotografico è possibile invece montare un rifrattore o un piccolo newton con affiancato un leggero telescopio di guida. A differenza della EQ3.2, la HEQ5 possiede la porta autoguida. Questa permette di sostituire all’oculare con reticolo illuminato una camera (di solito con sensore CMOS) dando la possibilità, tramite l’utilizzo di un PC, di controllare automaticamente la montatura in modo da correggere l’errore di inseguimento. Questa tecnica prende il nome di autoguida, da cui il nome della porta che permette di controllare la montatura. Grazie all’autoguida, una volta stazionato correttamente lo strumento, funzionerà automaticamente lasciando a voi il tempo per prendere un buon caffè.
La massima focale consigliata rimane comunque 500 mm, oltre la quale si ottengono inseguimenti non precisi.
Siete ancora insoddisfatti? Volete riprendere le galassie che con un 500 mm di focale appaiono come piccoli batuffoli di cotone? Allora non vi resta che acquistare una NEQ6, ultima montatura della casa SkyWatcher che vi permette di montare telescopi di grandi dimensioni affiancate da leggeri rifrattori di guida. La massima focale utilizzabile rimane comunque inferiore ai 1500 mm oltre i quali il mosso può cominciare a farsi evidente. Ovviamente anche la NEQ6 è dotata di porta autoguida. Ricordiamo che tutte le montature, tranne la NEQ6 funzionano con batterie a torcia mentre a quest’ultima dovete affiancare una batteria da almeno 7Amph.

Esempio di setup astrofotografico

Ottica
Alcune delucidazioni sulle ottiche da utilizzare per l’astrofotografia sono state date nel paragrafo montatura. Vediamo ora di dare maggiori informazioni a riguardo. Se avete una compatta e volete riprendere immagini con il metodo afocale allora il problema non si pone. Se siete invece in possesso di una DSLR allora dovete cominciare a sfruttare al massimo le ottiche già a vostra disposizione. Purtroppo per riprendere le stelle servono ottiche corrette e quindi gli zoom sarebbero da evitare. Anche gli obiettivi puri (persino quelli Canon o Nikon!) non sono corretti dal punto di vista ottico e danno aberrazioni visibili, specialmente ai bordi. Consigliamo quindi di chiudere leggermente il diaframma in modo di aumentare la qualità ottica dell’obiettivo.
Per quanto riguarda i telescopi la scelta si rivolge principalmente ai tradizionali rifrattori (apocromatici) e Newton. Oggi sul mercato appaiono i primi Ritchey-Chrétien anche se i prezzi si mantengono ancora leggermente superiori al migliaio di euro. Esiste il modello Ritchey-Chrétien  da 6 pollici che costa solo 500 € ma come tutte le cose economiche è uno strumento di bassa qualità e quindi se possibile da evitare.
Rifrattore o Newton? È una domanda che l’astrofilo e l’astrofotografo si pone da decenni. Oggi possiamo affermare la seguente cosa: se volete un telescopio otticamente perfetto e leggero (ma buio) allora comprate un rifrattore altrimenti andate su un Newton. Ricordatevi che se dovete fare astrofotografia si rende necessario l’acquisto di un correttore di coma per Newton o di uno spianatore di campo per i rifrattori.
Per il telescopio guida consigliamo un rifrattore acromatico o apocromatico del diametro di 70 mm o superiore (f/7). Telescopio di ripresa e telescopio guida dovranno essere montati solidamente alla montatura e tra loro al fine di non presentare flessioni le quali possono dare del mosso durante le riprese, anche se guidate correttamente. Il collegamento con la montatura deve essere effettuato preferibilmente tramite barra tipo Vixen o Losmandy.

Accessori
In questo paragrafo riportiamo tutti gli accessori non descritti precedentemente e necessari per iniziare una sessione astrofotografica. Prima di tutto è necessario un anello T2 per collegare la DSLR ad un qualsiasi telescopio. Se si fanno riprese in parallelo con obiettivi fotografici allora questo anello non si renderà necessario.
Secondo oggetto è o un reticolo illuminato, dal costo contenuto, oppure una più costosa camera di guida.
Purtroppo la DSLR può subire vibrazioni durante lo scatto e in particolare si raccomanda di non toccare mai la camera durante l’intera sessione astrofotografica. Per fare questo è necessario utilizzare la DSLR in modalità scatto remoto. Questo può avvenire o con l’ausilio di un telecomandino oppure attraverso il cavo USB in dotazione. In questo ultimo caso si rende però necessario l’utilizzo di un PC. Consigliamo un netbook ed in ogni caso un PC con schermo non a cristalli liquidi. Questi infatti tendono a congelare durante le sessioni invernali. Inoltre il PC deve consumare pochissimo e quindi sono da evitare CPU molto potenti o schermi particolarmente grandi. Un tavolino da pic nic, una sedia portatile ed una torcia dotata di luce rossa completano infine il setup di un giovane astrofotografo.

Con questa guida speriamo di aver risposto a tutti i vostri dubbi su quale strumentazione acquistare per riprendere le vostre “prime” immagini astronomiche. A titolo di esempio riportiamo alcuni setup di ripresa oltre alla portata delle varie montature SkyWatcher:

ESEMPI DI SETUP FOTOGRAFICI
Configurazione low cost
Montatura EQ2
Motori per montatura EQ2
Reflex Canon EOS 1100D + obiettivo zoom 18-55 mm
Modifica Baader
Collegamento Montatura – Reflex
Telecomando remoto

Fotografia a grande campo < 100 mm
Montatura EQ3.2
Motori per montatura EQ3.2 (due assi)
Reflex Canon EOS 500D + obiettivo zoom 18-55 mm
Modifica Baader
obiettivo zoom Canon 75 – 300 mm non stabilizzato
Telescopio di guida
Collegamento Reflex – Telescopio di guida
Oculare a reticolo illuminato
Netbook + incremento memoria RAM

Fotografia a medio campo < 500 mm
Montatura HEQ5
Motori per montatura HEQ5 (due assi) + modifica porta autoguida
Reflex Canon EOS 500D
Modifica Baader
Telescopio di guida
Telescopio di ripresa Rifrattore Tecnosky ED carbon fiber 80mm f/7
Spianatore di campo
Collegamento Telescopio di ripresa – Telescopio di guida
Camera di guida
Netbook + incremento memoria RAM
Flat box

Fotografia a campo stretto < 1500 mm
Montatura NEQ6
Reflex Canon EOS 550D
Modifica Baader
Telescopio di guida
Telescopio di ripresa Rifrattore Tecnosky Tripletto 130mm f/7
Spianatore di campo
Collegamento Telescopio di ripresa – Telescopio di guida
Camera di guida
Netbook + incremento memoria RAM
Flat box

PORTATA DELLE MONTATURE SKYWATCHER
EQ2: 2.8 kg
EQ3.2: 5.1 kg
HEQ5: 10.2 kg
NEQ6: 15.3 kg




M39 (NGC 7092) – 02/10/2012

Briosco (MB), 02/10/2012 – M39

Somma di 22 immagini da 70 secondi 400 ISO + 40 bias + 17 dark + 40 flat effettuata con IRIS + Photoshop CS2/CS3.

Telescopio di guida: Rifrattore ED 80 mm f/7 + Camera Magzero MZ-5m. Software controllo PhD guiding.

Telescopio di ripresa: Newton 150 mm f/5 + Camera Canon EOS 500D modificata. Software controllo Canon Utility.

Ripresa effettuata con Luna quasi piena.

M39 (NGC 7092) - 02/10/2012




Telescopio riflettore Newton SkyWatcher 150 mm f/5

Riportiamo di seguito l’analisi dettagliata di questa ottica acquistata il 31/10/2008 da Miotti Ottica (Milano).

Specchio primario
Lo specchio primario si presenta circolare, del diametro pari a 15 cm con disegnato nel centro un anello utile ai fini della collimazione. Questo è stato sottoposto dal 2008 al 2012 ad ogni tipo di condizione atmosferica. La pulizia dello specchio è stata effettuata il giorno 25 Settembre 2012. Questa ha rimosso ogni tipo di sporco tranne un granello nero di vernice (quella che riveste il supporto dello specchio secondario, vedi figura 1), che si è ancorato alla superficie dello specchio. Per rimuoverlo sarebbe stato necessario applicare un mezzo abrasivo (o contundente) che avrebbe rovinato la superficie dello specchio. Pertanto, date le piccolissime dimensioni del grano si è deciso di non procedere accettando una perdita di luce stimata inferiore allo 0.001%.

Figura 1 : Il piccolo granello di vernice nera depositata sullo specchio primario

La cella dello specchio primario è ben fatta con tre viti di regolazione dotate di buona mobilità (si consiglia di allentarle leggermente prima di procedere con la collimazione dello strumento). Lo specchio è appoggiato su tre spessori di sughero come mostrato in Figura 2.

Figura 2 : cella di sostegno dello specchio primario. Ben visibili sono i tre spessori di sughero.

Una volta collimato lo strumento una piastra in metallo ricopre le viti di collimazioni proteggendo lo specchio da possibili urti accidentali.

Specchio secondario
Lo specchio secondario, del diametro di 35 mm, è ancorato a quattro razze di colore nero. Come il primario anche questo è stato sottoposto a diverse condizioni atmosferiche richiedendone pertanto la pulizia, effettuata il giorno 27 settembre 2012. Il sostegno del secondario non è mai stato smontato; si presenta stabile con le tre viti di fissaggio dotati di buona mobilità (Figura 3).

Figura 3 : Il sostegno dello specchio secondario

Se le razze di soli 0.5 mm di spessore, riducono (insieme alle dimensioni del secondario) l’ostruzione dello strumento fissato a 0.23, di contro rendono la collimazione  piuttosto difficile a seguito della possibile torsione del sistema. Si consiglia pertanto di non stringere mai energicamente le viti di regolazione dello specchio.

Fuocheggiatore
Il fuocheggiatore è molto economico e diversifica questo modello da quello identico più costoso (SkyWatcher Black Diamond). Ospita oculari da 31.8 mm e svitandone il sostegno è possibile avvitare un anello T  per il raccordo con fotocamere digitali (vedi figura 4).

Figura 4 : il barilotto porta oculari

Data la scarsa qualità della cremagliera è consigliabile fuocheggiare lasciando allentata la vita di fissaggio e bloccare il tutto solo quando lo strumento si trova nella posizione definitiva. Quando collimate il telescopio ricordatevi quindi di serrare la vita di fissaggio del fuocheggiatore riproducendo così la condizione di ripresa fotografica.

Intubazione
Il cammino ottico è completamente protetto da un tubo metallico di lunghezza 67 cm e diametro 18 cm.  Questo presenta esternamente un graffio lungo un lato, appena visibile tra gli anelli di supporto del telescopio, mentre internamente è verniciato uniformemente di color nero opaco. Il materiale che costituisce il tubo è economico ma leggero (un banale lamierino piegato). La struttura è praticamente identica alla versione più costosa con la differenza che invece di essere verniciata con del nero metallizzato in questo caso è stato utilizzato un blu. Il lamierino si incastra con precisione nella cella del primario e nel supporto del secondario il quale purtroppo perde dei pezzetti di vernice nera in prossimità del tappo di copertura (gli stessi che poi nel corso degli anni sono caduti sugli specchi).
Il telescopio è sostenuto da una coppia di anelli in metallo uno dei quali presenta una vite con passo fotografico per collegare una eventuale camera digitale in parallelo. Questi sono collegati tra loro da una barra a coda di rondine tipo Vixen.

Cercatore
Il cercatore è un 6 x 30 originale dello stesso colore del telescopio. Il sostegno invece è stato sostituito con quello di un rifrattore acromatico Antares Venere del 1998. Questo presenta tre viti di regolazione ed al suo interno il cercatore è fissato con un elastico invece della guarnizione originale (OR) andata distrutta a seguito di un forte sbalzo termico. L’immagine del cercatore è riportata in figura 6.

Figura 6 : Immagine del cercatore 6 x 30 SkyWatcher.

Collimazione
La collimazione del telescopio è piuttosto semplice anche se bisogna serrare completamente la vita di fissaggio del fuocheggiatore. Questa viene poi mantenuta a lungo nel tempo anche a seguito di lunghi spostamenti in auto. Le dimensioni ridotte dello specchio fanno si che la messa a fuoco e la collimazione non cambino molto riducendo a pochi minuti il tempo di climatizzazione delle ottiche. L’ultima collimazione effettuata con oculare di Cheshire e collimatore laser è stata effettuata il giorno 27 settembre 2012.

Osservazione visuale
Il basso rapporto focale di questo strumento lo rende molto luminoso e quindi adatto per osservazioni del profondo cielo. Allo stesso tempo il diametro modesto ma non grandissimo dell’ottica (e quindi del tubo) non degradano eccessivamente le immagini planetarie che si presentano comunque nitide e ricche di dettagli. Per confronto, la quantità e qualità di dettagli di questo Newton 150 mm f/5 è di gran lunga superiore a quella che si ottiene con un rifrattore acromatico da 10 cm f/10. Il piccolo diaframma presente sul tappo del telescopio aumenta il rapporto focale, utile durante le osservazioni lunari.
Il barilotto da 31.8 mm permette di utilizzare tutti gli accessori di questo diametro, meno costosi dei parenti da 50.8 mm (due pollici). Il cercatore 6 x 30 fornisce invece il giusto ingrandimento per il neofita che si avvicina per la prima volta ad un telescopio. La sostituzione con un cercatore 8 x 50 o superiore può essere utile per gli astrofili visualisti più esigenti.

Ripresa con fotocamere digitale
Pensato probabilmente come un ripiego dalla ditta costruttrice, l’utilizzo di questo strumento per riprese astronomiche è tutt’altro che sconsigliato. Il rapporto f/5 garantisce infatti alta luminosità e allo stesso tempo permette di contenere il coma. Persino la collimazione degli spechi non si presenta drammatica rispetto ai suoi parenti con rapporti focali f/4 o inferiori. Unico punto debole, come detto precedentemente, è il fuocheggiatore. Questo limita l’utilizzo di accessori da 31.8 mm, escludendo di fatto il possibile utilizzo di un correttore di coma. Pertanto l’astrofotografo più esigente dovrà accontentarsi di un leggero coma ai bordi (comunque inferiore di quello presente in un Newton SkyWatcher 200 mm f/4 + correttore di coma Baader MPCC). È sempre il fuocheggiatore ad aumentare la difficoltà di messa a fuoco dello strumento dato che la cremagliera introduce un movimento alto – basso alla camera. Però sino ad ora abbiamo parlato di DSLR. Il problema non si pone se si utilizza una camera CCD a sensore piccolo dotata di connessione 31.8 mm (tipo la CCD ATIK 314L+). Il perno per la fotografia in parallelo è invece una buona soluzione per fotocamere leggere e dotate di obiettivi a corta focale.
Infine, malgrado la relativa corta focale (750 mm), questo strumento è risultato buono anche per riprese lunari e dei maggiori pianeti del Sistema Solare. In questo caso è comunque consigliabile una buona lente di Barlow (come le Powermate della TeleVue).
Di seguito portiamo alcuni esempi di immagini astronomiche riprese con questo strumento: Giove, Saturno, Luna, Sole, Galassia M101 e persino Plutone!




La tecnica LRGB

Abbiamo visto in “Costruire un’immagine a colori” come il processo di debayerizzazione produca immagini di dimensioni pari a quelle del sensore ma di qualità inferiore. Algoritmi sempre più sofisticati cercano di interpolare sempre meglio i pixel di diverso colore al fine di ottenere immagini nitide. Se invece di una DSLR utilizziamo un CCD monocromatico (quindi senza filtri applicati al sensore) il processo di debayerizzazione viene bypassato ottenendo immagini a colori di ottima qualità. Questo comporta la ripresa di 3 immagini in bianco e nero con filtri rispettivamente R, G e B. Ottenere un’immagine a colori a partire da un CCD monocromatico è quindi possibile ma molto dispendioso in termini di tempi di ripresa che vengono triplicati. Nel 1996 è però stata sviluppata una tecnica, detta LRGB, in grado di combinare un’immagine a colori ad alta risoluzione cromatica e bassa risoluzione spaziale con un’immagine in bianco e nero ad alta risoluzione spaziale nota come immagine di luminanza. Dal punto di vista patico, questo significa che è possibile riprendere le tre immagini in bianco e nero con filtri R,G e B a alta risoluzione cromatica e bassa risoluzione spaziale. La prima condizione si ottiene aumentando il rapporto segnale/rumore e quindi il tempo di esposizione (o utilizzando ottiche più luminose) o utilizzando un bin 2 x 2. In quest’ultimo caso si ha una riduzione della risoluzione spaziale che però, per quanto detto prima, non è importante.
L’immagine di luminanza L invece deve contenere il maggior numero di informazioni sulla distribuzione spaziale degli oggetti e quindi è consigliabile utilizzare un’immagine in B/W senza applicazione di nessun filtro. Solitamente, per evitare di sporcare il sensore si utilizza un filtro taglia IR-UV. In questo caso ovviamente è richiesto l’utilizzo di un bin 1 x 1 in modo da minimizzare la perdita di particolari. Le quattro immagini LRGB verranno poi composte formando l’immagine a colori finali. Nulla vieta di utilizzare differenti combinazioni di filtri per costruire l’immagine a colori che comunque deve soddisfare le condizioni precedentemente illustrate. Non si è neppure vincolati ad utilizzare lo stesso tipo di telescopio per le riprese a colori ed in luminanza.

La composizione LRGB

La tecnica LRGB può ad esempio essere applicata utilizzando come filtro di luminanza un filtro a banda stretta al fine di enfatizzare le zone di una determinata nebulosa che emettono in una riga specifica dello spettro elettromagnetico (si parla ad esempio di HαRGB) oppure si possono usare tricromie differenti come “l’Hubble Palette” SII Hα OIII che utilizza invece dei filtri RGB quelli a banda stretta dello Zolfo, dell’Idrogeno e dell’Ossigeno.