Avere delle informazioni dettagliate ed aggiornate sui pianeti del Sistema Solare è, nell’epoca di internet, piuttosto semplice. Basta andare su un motore di ricerca e digitare il nome di un pianeta per trovare decine di migliaia di articoli dettagliati in lingua italiana e/o inglese. ASTROtrezzi vuole però offrirvi qualcosa di diverso, ovvero accompagnarvi nella scoperta del Sistema Solare attraverso l’osservazione e la ripresa astrofotografica del cielo. Pertanto il nostro punto di partenza non saranno numeri ma immagini, osservate attraverso gli oculari o i monitor LCD delle nostre fotocamere e PC. In particolare, partiremo in questo articolo con il pianeta più grande del Sistema Solare: Giove.
A differenza delle stelle che mantengono pressoché invariata la loro posizione relativa in cielo durante l’anno, i pianeti si muovono tra le stelle. Il termine pianeta deriva infatti dal greco antico, dove stava a significare “stella vagabonda”, riflettendo la peculiarità di questi oggetti apparentemente identici a stelle, di vagare tra le “altre” stelle fisse. Quindi, seppur noti fin dall’antichità, i pianeti erano considerate originariamente stelle “particolari” e non mondi simili alla Terra così come li conosciamo oggi. Per motivi prospettici, tutti i pianeti si muovono lungo una regione ben precisa del cielo, attraversando quelle che prendono il nome di costellazioni dello zodiaco. Ecco quindi che lo zodiaco e i pianeti, in quanto “oggetti” peculiari, ricoprirono subito significati in ambiti religiosi e legati alla superstizione (profezie ed oroscopi).
Figura 1: congiunzione Giove - Venere del 30 giugno 2015. Visto da Terra, Giove è (mediamente) il pianeta più luminoso dopo Venere.
Ancora oggi possiamo osservare ad occhio nudo sei dei sette pianeti del Sistema Solare (Terra esclusa) anche se, a dire il vero, Urano è ormai invisibile da gran parte dei cieli della nostra penisola a causa dell’eccessivo inquinamento luminoso. Di tutti i pianeti, Giove è il più luminoso dopo Venere. La differenza di luminosità tra i vari pianeti è ben visibile durante quei fenomeni astronomici noti come congiunzioni planetarie ovvero quando due o più pianeti si trovano prospetticamente vicini in cielo (Figura 1, congiunzione Giove-Venere del 30 giugno 2015).
Una volta individuato ad occhio nudo il pianeta Giove con l’aiuto di una mappa celeste, di uno smartphone o di un esperto come nelle notti dedicate all’osservazione del cielo a Lo Smeraldino, possiamo iniziare a puntarci contro un binocolo o obiettivo con focale intorno ai 300 mm. Quello che vedrete sarà un piccolo dischetto luminoso circondato da un certo numero di stelline allineate (Figura 2). Il primo è il disco del pianeta che a quegli ingrandimenti non mostrerà particolari evidenti. Le stelline molto probabilmente sono le quattro principali lune del pianeta note come satelliti galileiani: Io, Europa, Ganimede e Callisto. A volte potrete vederne più di quattro ed in tal caso vorrà dire che nel campo ci saranno anche delle stelle di fondo. Nel caso in cui invece le stelline fossero meno di quattro allora significa che alcune lune stanno transitando o di fronte o dietro il disco di Giove. Una volta individuati i satelliti galileiani è possibile determinarne il periodo di rivoluzione intorno a Giove come dimostrato nell’articolo “Studio dei satelliti di Giove con un telescopio amatoriale“.
Figura 2: Giove come visibile attraverso un binocolo o un teleobiettivo.
Vediamo quindi come già con una piccola strumentazione sia possibile effettuare delle interessanti osservazioni, riprese e persino misure astronomiche amatoriali. Oltre ai quattro satelliti principali, esistono anche satelliti minori come Amalthea, la cui osservazione e ripresa risulta però complessa e sarà a breve oggetto di studio presso Lo Smeraldino.
Un’ultima informazione che possiamo ottenere dall’osservazione ad occhio nudo di Giove è il suo periodo di rivoluzione intorno al Sole. Questo può essere determinato misurando dopo quanto tempo il pianeta ci appare in uno stesso punto del cielo. Per il gigante gassoso questo tempo è pari a circa 12 anni. Utilizzando la legge di Keplero che lega la distanza del pianeta dal Sole al suo periodo di rivoluzione T2 : d3 = costante, otteniamo la proporzione:
TTerra2 : dTerra3 = TGiove2 : dGiove3
ovvero misurando la distanza dal Sole in Unità Astronomiche (1 UA è pari alla distanza Terra – Sole) ed il periodo di rivoluzione intorno al Sole in anni abbiamo:
12 : 13 = 122 : dGiove3
da cui dGiove = 5.24 UA. Basandosi unicamente sulle osservazioni ad occhio nudo, siamo così giunti alla conclusione che Giove si trova ad una distanza dal Sole circa 5 volte maggiore rispetto a quella della Terra. Sapendo che la distanza Terra – Sole è pari a 150 milioni di chilometri, scopriamo che Giove dista circa 800 milioni di chilometri dal Sole.
Proseguiamo ora il nostro viaggio aumentando gli ingrandimenti. Per fare ciò bisogna abbandonare gli strumenti più comuni (binocoli e teleobiettivi) per passare ai ben più potenti mezzi forniteci dall’ottica: i telescopi. Già con un piccolo telescopio è possibile osservare alcuni dettagli del disco planetario: le bande atmosferiche (Figura 3).
Figura 3: Le due bande equatoriali di Giove
Giove è infatti coperto da una spessa atmosfera che ci impedisce totalmente la visione della sua superficie rocciosa. Tale atmosfera è molto complessa e tuttora non ancora compresa a fondo dagli esperti del settore. Quello che sappiamo è che sulla superficie del pianeta si dispongono, parallelamente all’equatore, delle regioni chiare (zone) e scure (bande) alternate. In particolare due regioni scure sono più intense e prendono il nome di bande equatoriali. Oggi sappiamo che le bande, sono strati atmosferici meno densi e con una temperatura più elevata rispetto alle zone. In tali regione il gas fluisce verso il centro del pianeta mentre nelle zone il flusso è contrario. Le zone appaiono più chiare probabilmente a causa della presenza di cristalli di ghiaccio di ammoniaca. Le bande sono confinate da particolari venti detti correnti a getto che possono superare i 400 chilometri orari.
Le bande sono strutture pressoché stabili. Talvolta però è possibile osservare dei fenomeni sporadici, noti come disturbi che ne frammentano il decorso, facendo “scomparire” la banda equatoriale sud. Tali disturbi si manifestano ad intervalli irregolari di 3-15 anni e sono associati alla momentanea (settimane o mesi) sovrapposizione di più strati nuvolosi a quote diverse. ASTROtrezzi ha ripreso un evento di disturbo nel 2010 (Figura 4).
Figura 4: un disturbo ripreso il 02 luglio 2010.
Le scoperte che possiamo fare con un piccolo telescopio però non sono finite! Infatti possiamo stimare le dimensioni del pianeta. Per fare ciò basta misurare il diametro del pianeta così come ripreso con la nostra fotocamere o webcam planetaria. Noto il fattore di scala arcsec/pixel (vedi articolo “Misurare il cielo“) scopriremo che il diametro apparente massimo del pianeta è all’incirca pari a 50 secondi d’arco.
Sfruttando le leggi della trigonometria nell’approssimazione di angoli piccoli abbiamo che il raggio del pianeta è pari alla distanza Terra – Giove moltiplicata per il raggio apparente di Giove espresso in radianti. Per quel che abbiamo detto prima Giove dista dal Sole 5 UA circa e quindi dalla Terra al minimo 4 UA. Inoltre il raggio apparente del pianeta, pari a 25 secondi d’arco corrispondono a 0.00694 gradi ovvero 0.00012113 radianti (potete utilizzare il tasto di conversione deg-rad presente sulle calcolatrici scientifiche). Moltiplicando i due numeri otteniamo un raggio del pianeta pari a 0.000484 UA che in chilometri corrisponde a circa 70 mila. Ricordando che il nostro pianeta ha un raggio pari a circa 6000 km, questo vuol dire che possiamo disporre quasi 12 Terre lungo il diametro equatoriale di Giove.
Infine, talvolta è possibile osservare il proiettarsi dell’ombra dei satelliti galileiani sul disco di Giove. Questo fenomeno rappresenta sotto tutti gli effetti un’eclissi totale di Sole vista dallo spazio.
Figura 5: eclissi di "luna" su Giove vista da Terra.
Proseguiamo il nostro viaggio alla scoperta del Gigante Gassoso andando ad ingrandire ancora di più il disco del pianeta. Questo può essere fatto visualmente utilizzando oculari con focale sempre minore e fotograficamente aggiungendo alla nostra camera lenti moltiplicative note come lenti di Barlow. A questo punto il gioco diventa tanto interessante quanto duro. Infatti il massimo numero di ingrandimenti che potremo utilizzare sarà determinato principalmente dalla turbolenza atmosferica o seeing (per maggiori informazioni si legga l’articolo “La scala Antoniadi”). Pertanto, al fine di sfruttare al meglio il vostro strumento consigliamo di restare in pianura durante le notti con calma atmosferica, generalmente caratterizzata da foschia. Il massimo lo otterrete in un sottoinsieme di queste notti dove la calma atmosferica sarà presente anche sui monti, dove la trasparenza è maggiore e l’inquinamento luminoso ridotto. Anche se talvolta il seeing potrebbe non essere indecente, sconsigliamo comunque l’osservazione planetaria in notti ventose o da balconi e finestre. Una buona indicazione la otterrete osservando lo scintillio delle stelle ad occhio nudo. Se “luccicano” dedicatevi ad altro, mentre se sono “fisse” è il momento di spingere al massimo i vostri strumenti.
In una serata di seeing buono è possibile così scorgere i dettagli delle bande e delle zone ed in particolare i vortici. Queste sono strutture atmosferiche ruotanti in senso concorde o discorde a quello di rotazione del pianeta (si parla come sulla Terra di cicloni ed anticicloni). A differenza della Terra però su Giove gli anticicloni sono dominanti numericamente. I vortici non sono fenomeni perenni ma hanno una vita che varia da diversi giorni a centinaia di anni. Gli anticicloni sono di colore chiaro e si dispongono longitudinalmente al disco planetario e tendono a fondersi quando vengono a contatto. I cicloni sono invece di dimensioni inferiore e colore bruno. Esistono comunque due particolari tipi di anticicloni peculiari: la grande macchia rossa e l’ovale BA. Questi due sono di colore rosso a seguito del materiale portato in alta atmosfera dalle profondità del pianeta. La prima ha dimensioni paragonabili a quelle di circa due/tre Terre (provate a misurarle con il vostro telescopio utilizzando la tecnica prima descritta per determinare il diametro di Giove), colore variabile dal bianco al rosa pastello al rosso mattone e venne osservata per la prima volta nel 1665 dall’astronomo Giovanni Cassini (Figura 6). L’ovale BA detta anche piccola macchia rossa si è formato nel 2000 ed ha iniziato a tingersi di rosso nel 2005. Le sue dimensioni stanno via via crescendo ed ormai hanno raggiunto la metà di quelle della grande macchia rossa.
La Grande Macchia Rossa ripresa allo Smeraldino il 18/03/2016.
Infine, ingrandendo sufficientemente il disco del pianeta è possibile determinare utilizzando ad esempio la posizione della macchia rossa, il periodo di rotazione di Giove. Questo risulterà essere pari all’incirca a 9 ore e 55 minuti. Con una velocità di rotazione così elevata, il pianeta mostrerà un evidente schiacciamento ai poli, misurabile amatorialmente come dimostrato nell’articolo “Misura dell’ellitticità di Giove“.
Questo è quanto è possibile osservare/misurare di Giove e su Giove in condizioni standard (medi/piccoli telescopi e seeing accettabile). In condizioni eccezionali è inoltre possibile riprendere alcuni particolari dei satelliti galileiani.
Infine in rari casi è possibile registrare l’impatto di comete e/o asteroidi sul pianeta. Infatti, data la sua notevole massa, Giove attrae gravitazionalmente su di se gli oggetti di passaggio quali appunto asteroidi e comete.
Con questo abbiamo concluso il nostro viaggio alla scoperta di Giove, basato su pixel, secondi d’arco ed osservazioni dirette… insomma, quello che in fondo è l’Astronomia.