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Blue Moon e Super Luna

Recentemente, si sente spesso parlare in TV e sui giornali di Super Luna e Blue Moon. In questo articolo andremo a scoprire cosa sono questi due fenomeni astronomici sia dal punto di vista scientifico che storico. Il punto di partenza del nostro viaggio siamo Noi. Avete capito bene. Noi, ed in particolare la nostra storia sono all’origine del primo dei due fenomeni che andremo ad analizzare: la Blue Moon (o Luna Blu).
Infatti, se poche sono le persone che si ricordano la data di nascita di Newton, quasi tutte sanno dirvi in che mese siamo. Ma che cos’è il mese, come ha avuto origine e perché si chiama mese. La parola mese deriva dal latino mensem che però ha un’origine ancora più antica derivando da una voce indoeuropea che significa Luna. I lettori più attenti si saranno accorti che la Luna presenta ogni notte una fase diversa dal giorno precedente. Il periodo di tempo tra due fasi identiche è detta ciclo lunare ed è pari a circa 29 giorni e mezzo. Questa originariamente era la durata del mese. Purtroppo l’anno solare, della durata di 365 giorni non è divisibile ne per 29 ne per 30 e quindi a lungo termine, un calendario basato unicamente sul ciclo lunare è destinato a non rispettare le stagioni. Quindi uno stesso mese poteva capitare in estate o in inverno a seconda dell’anno considerato. Per ovviare a ciò e per motivi unicamente storici/politici, i mesi sono “diventati” di 30 e 31 giorni, ad esclusione di febbraio. Questo ha creato un allineamento tra mese e stagione (Dicembre sarà sempre in inverno!) creando però uno sfasamento tra mese e ciclo lunare. Ecco quindi che se in un mese uno si aspetta una sola Luna Piena, a seguito dello sfasamento di Lune Piene ce ne possono essere due. La seconda Luna Piena in un mese viene chiamata Blue Moon. Generalmente, questo fenomeno si ripete ogni due/tre anni.
Perché Luna Blu? La vera risposta non è nota con precisione. Sembrerebbe derivare dall’inglese antico “belewe” ovvero luna traditrice in quanto indurrebbe a pensare che stia per iniziare un nuovo mese quando in realtà si è ancora in quello vecchio. Alcuni invece credono derivi dall’espressione “once in a Blue Moon” utilizzata per indicare “una volta ogni tanto” ovvero un fenomeno raro. L’unica certezza è che la Luna Blu non ha una tinta bluastra ma è esteticamente indistinguibile da tutte le altre Lune Piene. L’importanza della Luna Blu è quindi di natura più popolare che scientifica.
Il secondo fenomeno ha invece un’origine fisica. Stiamo parlando della Super Luna. La Luna ruota intorno alla Terra seguendo un’orbita piuttosto complessa che la porta in alcuni momenti a trovarsi molto lontano dal nostro pianeta e in altri vicino. Nel punto di massima distanza dalla Terra la Luna si dice essere all’apogeo, mentre nel punto di minima distanza perigeo. L’apogeo è situato a 405’500 km di distanza dal nostro pianeta mentre il perigeo a 363’300 km. Ovviamente quando la Luna è in prossimità dell’apogeo risulta avere un diametro apparente inferiore a quello che avrebbe al perigeo. La variazione percentuale massima in termini di dimensioni apparenti del nostro satellite è del 14% che diventa il 30% in termini di luminosità. Se una Luna Piena si trova in prossimità del perigeo prende il nome di Super Luna date le sue maggiori dimensioni angolari. Ogni anno ci sono circa 3-4 Super Lune anche se nessuna è mai “esattamente” in prossimità del perigeo. La più grande Super Luna dello scorso secolo è stata il 26 gennaio 1948 ed in questo secolo sarà il 6 dicembre 2052.
Il 31 gennaio 2018 sarà una data da non dimenticare in quanto vi sarà Luna Piena, ma essendocene già stata una il 2 gennaio, sarà Blu. Inoltre la luna sarà prossima al perigeo e pertanto sarà una Super Luna Blu. Una coincidenza piuttosto rara. Ma per chi abita in Australia o in Giappone, l’evento sarà ancora più spettacolare. Infatti solo durante la Luna Piena possono avvenire le eclissi totali di Luna. In questo caso la Luna viene oscurata dal nostro pianeta che le dona una colorazione rossastra tanto da conferirle il nome di Luna Rossa. Per questi fortunati osservatori quindi la Super Luna Blu sarà anche Rossa (in eclisse).

A quando la prossima Luna Blu, Super Luna e Luna Rossa? La prossima Luna Blu sarà il 31 marzo 2018 mentre la prossima Super Luna il 21 gennaio 2023. Infine il giorno 27 luglio 2018 sarà visibile dall’Italia un’eclisse totale di Luna.




Eclissi totale di Luna 27 Luglio 2018

La Luna rappresenta uno dei corpi celesti più affascinanti e da sempre è fonte di ispirazione per scienziati, artisti e poeti. In particolare, durante il suo moto di rivoluzione intorno al nostro pianeta, la Luna viene illuminata dal Sole secondo diverse angolazioni dando luogo alle così dette fasi lunari. In particolare, quando il Sole illumina completamente la faccia della Luna rivolta verso Terra, questa viene detta Piena.

Per avvenire ciò, l’orbita lunare deve avere un’inclinazione sufficiente per evitare che la Terra si interponga tra Luna e Sole. Questo è garantito da un’inclinazione dell’orbita lunare di circa 5° rispetto all’eclittica.

Malgrado ciò, durante il moto di rivoluzione lunare, il nostro satellite naturale si troverà a passare per ben due volte attraverso l’intersezione tra il piano orbitale lunare e l’eclittica. Questo punto è detto nodo (Figura 1).

Figura 1: sistema Sole - Terra - Luna e posizione dei nodi.

Se la Luna passa dal nodo il giorno di Luna Piena, allora il sistema Sole – Terra – Luna si troverà allineato ed avverrà un’eclissi totale di Luna. Questo si verificherà il 27 luglio 2018. La Luna, inizialmente illuminata direttamente dalla luce solare (piena) verrà via via occultata dall’ombra del nostro pianeta fino a sparire completamente (eclissi, momento della totalità). In verità il disco lunare rimarrà comunque illuminato dalla debole luce che, emessa dal Sole, attraversa la nostra atmosfera assumendo una colorazione rossa.

Per questo motivo la Luna, durante la totalità si tingerà di rosso.

L’eclissi totale del 27 luglio 2018 si osserverà dall’Italia e sarà caratterizzata da sette fasi che avranno luogo negli orari indicati:

  • P1 (19:15) – inizio della Penombra: la Luna Piena viene parzialmente oscurata dalla Terra. Diminuisce la sua luminosità superficiale.
  • U1 (20:24) – inizio dell’Ombra: una regione sempre più grande della superficie lunare viene oscurata dal nostro pianeta.
  • U2 (21:30) – inizio della totalità: la Luna è completamente oscurata dalla Terra ed assume una colorazione rossastra. La fase di totalità ha inizio
  • Totalità (22:22) – il massimo d’eclissi. In questa fase la Luna raggiunge la sua minima luminosità essendo completamente immersa nel cono d’ombra terrestre
  • U3 (23:13) – fine della totalità: la Luna è ancora oscurata dalla Terra malgrado sia prossima ad uscire dalla regione d’ombra
  • U4 (00:19) – fine dell’ombra: la Luna, uscita dalla regione d’ombra viene via via sempre illuminata dalla luce solare.
  • P4 (01:29) – fine della penombra: la Luna illuminata dal Sole aumenta sempre più la sua luminosità superficiale fino a tornare Piena.

Purtroppo, seppur la fase di totalità sia completamente visibile dall’Italia, l’eclissi nel suo complesso non è osservabile dal nostro paese. Infatti, durante l’intera fase P1 e parte della U1 la Luna si troverà sotto l’orizzonte. Se però gli abitanti del nord Italia dovranno accontentarsi di vedere la Luna sorgere durante la fase U1, gli abitanti del centro e del sud potranno vedere anche parte della fase P1. La divisione tra queste due regioni è illustrata in Figura 2.

Figura 2: mappa di visibilità dell'eclissi totale di Luna del 27/07/2018

COME OSSERVARE E FOTOGRAFARE L’ECLISSI TOTALE DI LUNA

Osservare l’eclissi totale di Luna del 27 luglio 2018 è molto semplice.  Basta trovare un luogo in cui è ben visibile l’orizzonte est, ovvero dove sorge il Sole. La Luna sorgerà a sud-est già eclissata e quindi potrebbe essere interessante riprendere l’evento con una fotocamera equipaggiata di un teleobiettivo (< 300 mm) e cavalletto fotografico. Utilizzate un telecomando per scatto remoto e il sollevamento dello specchio nel caso di reflex al fine di ridurre le eventuali vibrazioni. Se invece volete riprendere il disco lunare potete utilizzare un qualunque telescopio la cui lunghezza focale, espressa in mm, deve rispettare la seguente formula:

 

dove l è la dimensione dei pixel della fotocamera utilizzata espressa in micron e H è l’altezza dell’immagine prodotta dalla fotocamera in pixel. Per chi non vuole cimentarsi nei conti, ricordo che con una normale reflex non professionale, la focale ideale per la ripresa di questa eclissi totale di Luna è 1200 mm di focale. Ricordatevi inoltre che durante un’eclissi di Luna l’illuminazione del disco lunare cambia velocemente ed è quindi necessario adattare i tempi di esposizione. Durante la totalità, in particolare, i tempi sono particolarmente lunghi, dell’ordine di qualche secondo ed è quindi consigliabile stazione con precisione i propri telescopi e/o astroinseguitori. Non utilizzate filtri astronomici, non sono necessari.

 CURIOSITA’

L’orbita lunare è piuttosto complessa e la distanza Terra – Luna cambia repentinamente oscillando tra valori massimi e minimi (orbita ellittica). Pertanto, vi sono periodi in cui la Luna è particolarmente vicina (perigeo) e altri in cui è particolarmente lontana (apogeo). L’effetto principale è una variazione delle dimensioni apparenti del disco lunare che variano generalmente tra i 33.2 e i 29.5 minuti d’arco come visibile in figura 3. Nel caso in cui la Luna Piena si trovi in prossimità di un perigeo o l’apogeo con valori estremi, si parla rispettivamente di Superluna e Miniluna. La Luna Piena del 27 luglio 2018 sarà una Miniluna con un diametro di 29.3 minuti d’arco. Keplero dimostrò che in un’orbita ellittica i corpi celesti si muovono più lentamente in prossimità dell’apogeo e più velocemente al perigeo. Come conseguenza la Luna del 27 luglio si muoverà molto lentamente rendendo l’eclissi la più lunga del secolo.

Figura 3: dimensione apparente della Luna Piena durante il perigeo e l'apogeo

ASTROTREZZI

ASTROtrezzi ha organizzato un’escursione in Italia centro-meridionale al fine di riprendere l’eclissi totale di Luna del 27 luglio 2018. L’evento potrà essere seguito in diretta sulla pagina Facebook di ASTROtrezzi (evento dedicato). Di seguito le immagini preliminari dell’eclissi totale di Luna riprese da Montefiore dell’Aso (AP):

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M45 (NGC 1432) – 18/12/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Canon EF 100 mm f/2.8 L IS USM Macro a/at f/2.8

Camera di acquisizione (Imaging camera): Canon EOS 40D (filtro LPF2 rimosso / LPF2 filter removed) [5.7 μm]

Montatura (Mount): iOpron StarTracker v2

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): non presente (not present)

Camera di guida (Guiding camera): non presente (not present)

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CC 2018

Accessori (Accessories): non presente (not present)

Filtri (Filter):  Astronomik UHC-E EOS clip

Risoluzione (Resolution): 3888 x 2592 (originale/original), 3908 x 2602 (finale/final)

Data (Date): 18/12/2017

Luogo (Location): Varenna – LC, Italia (Italy)

Pose (Frames): 29 x 240 sec at/a 800 ISO

Calibrazione (Calibration): 29 dark, 54 bias , 56 flat.

Fase lunare media (Average Moon phase): 0.4%

Campionamento (Pixel scale):  11.78 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 100 mm

Note (note):

M45 (NGC 1432) - 18/12/2017




Regione di Caph – 18/12/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens):Canon EF 100 mm f/2.8 L IS USM Macro a/at f/2.8

Camera di acquisizione (Imaging camera): Canon EOS 40D (filtro LPF2 rimosso / LPF2 filter removed) [5.7 μm]

Montatura (Mount): iOpron StarTracker v2

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): non presente (not present)

Camera di guida (Guiding camera): non presente (not present)

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present) 

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CC 2018

Accessori (Accessories): non presente (not present)

Filtri (Filter):  Astronomik UHC-E EOS clip

Risoluzione (Resolution): 3888 x 2592 (originale/original), 3908 x 2602 (finale/final)

Data (Date): 18/12/2017

Luogo (Location): Varenna – LC, Italia (Italy)

Pose (Frames): 21 x 240 sec at/a 800 ISO

Calibrazione (Calibration): 29 dark, 54 bias , 56 flat.

Fase lunare media (Average Moon phase): 0.4%

Campionamento (Pixel scale):  11.78 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 100 mm

Note (note):

Regione di Capth - 18/12/2017




IC 1848 – 27/11/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Rifrattore ED (ED reftactor) Tecnosky Carbon Fiber 80mm f/7

Camera di acquisizione (Imaging camera): Canon EOS 500D (Rebel T1i) con filtro Baader (with Baader Filter) [4.7 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): Rifrattore acromatico (refractor) SkyWatcher 102mm f/5

Camera di guida (Guiding camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Riduttore di focale (Focal reducer): riduttore/spianatore 0.8x a quattro elementi (four elements 0.8x reducer/field flattener)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CC 2018 + Topaz Denoise 6

Accessori (Accessories): non presente (not present)

Filtri (Filter):  2” IDAS LPS-D1

Risoluzione (Resolution): 4752 x 3168 (originale/original), 4244 x 2828 (finale/final)

Data (Date): 27/11/2017

Luogo (Location): Varenna – LC, Italia (Italy)

Pose (Frames): 31 x 480sec at/a 800 ISO.

Calibrazione (Calibration): 10 dark, 51 bias, 55 flat

Fase lunare media (Average Moon phase): 52.6%

Campionamento (Pixel scale): 2.1758 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 448 mm

Note (note):

IC 1848 - 27/11/2017




M31 (NGC 224) – 20/11/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Canon EF 100-400mm f/5.6 L IS USM a/at 400 mm

Camera di acquisizione (Imaging camera): Canon EOS 500D (Rebel T1i) modificata Baader (Baader modded) [4.7 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): Rifrattore acromatico (refractor) SkyWatcher 102mm f/5

Camera di guida (Guiding camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CC2018 + Topaz DeNoise 6

Accessori (Accessories): non presente (not present)

Filtri (Filter):  non presente (not present)

Risoluzione (Resolution): 4752 x 3168 (originale/original), 4770 x 3178 (finale/final)

Data (Date): 20/11/2017

Luogo (Location): Varenna – LC, Italia (Italy)

Pose (Frames): 26 x 540 sec at/a 400 ISO.

Calibrazione (Calibration): 52 dark, 53 bias, 69 flat

Fase lunare media (Average Moon phase): 4.8%

Campionamento (Pixel scale): 2.4277 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 400 mm

Note (note):

M31 (NGC 224) - 20/11/2017




NGC 6946 – 17/11/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher BlackDiamond 200 mm f/5

Camera di acquisizione (Imaging camera): Canon EOS 500D (Rebel T1i) con filtro Baader (with Baader Filter) [4.7 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): Rifrattore acromatico (refractor) SkyWatcher 102mm f/5

Camera di guida (Guiding camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CC2017 + Topaz DeNoise 6

Accessori (Accessories): correttore di coma Baader MPCC Mark III (coma corrector)

Filtri (Filter): 2” IDAS LPS-D1

Risoluzione (Resolution): 4752 x 3168 (originale/original), 4563 x 3040 (finale/final)

Data (Date): 17/11/2017

Luogo (Location): Sormano – CO, Italia (Italy)

Pose (Frames): 15 x 480 sec at/a 800 ISO.

Calibrazione (Calibration): 8 dark, 78 bias, 79 flat

Fase lunare media (Average Moon phase): 0.4%

Campionamento (Pixel scale): 0.969414 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 1000 mm

Note (note):

NGC 6946 e NGC 6939 - 17/11/2017




B30 – 17/11/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher BlackDiamond 200 mm f/5

Camera di acquisizione (Imaging camera): Canon EOS 500D (Rebel T1i) con filtro Baader (with Baader Filter) [4.7 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): Rifrattore acromatico (refractor) SkyWatcher 102mm f/5

Camera di guida (Guiding camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CC2017 + Topaz DeNoise 6

Accessori (Accessories): correttore di coma Baader MPCC Mark III (coma corrector)

Filtri (Filter): 2” IDAS LPS-D1

Risoluzione (Resolution): 4752 x 3168 (originale/original), 4563 x 3040 (finale/final)

Data (Date): 17/11/2017

Luogo (Location): Sormano – CO, Italia (Italy)

Pose (Frames): 23 x 480 sec at/a 800 ISO.

Calibrazione (Calibration): 8 dark, 78 bias, 79 flat

Fase lunare media (Average Moon phase): 0.4%

Campionamento (Pixel scale): 0.969414 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 1000 mm

Note (note):

B30 - 17/11/2017




La regione della Volpetta – 21/09/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Canon EF 100 mm f/2.8 L IS USM Macro a/at f/2.8

Camera di acquisizione (Imaging camera): Canon EOS 40D (filtro LPF2 rimosso / LPF2 filter removed) [5.7 μm]

Montatura (Mount): iOpron StarTracker v2

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): non presente (not present)

Camera di guida (Guiding camera): non presente (not present)

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CC 2017

Accessori (Accessories): non presente (not present)

Filtri (Filter):  Astronomik UHC-E EOS clip

Risoluzione (Resolution): 3888 x 2592 (originale/original), 3760 x 2503 (finale/final)

Data (Date): 21/09/2017

Luogo (Location): Varenna – LC, Italia (Italy)

Pose (Frames): 60 x 180 sec at/a 640 ISO

Calibrazione (Calibration): 47  dark, 62 bias , 63 flat.

Fase lunare media (Average Moon phase): 3.1%

Campionamento (Pixel scale):  11.78 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 100 mm

Note (note):

La regione della volpetta - 21/09/2017




Via Lattea nel Cigno – 20/09/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Canon EF 50 mm f/1.8 utilizzato a (used at) f/2.8

Camera di acquisizione (Imaging camera): Canon EOS 40D (filtro LPF2 rimosso / LPF2 filter removed) [5.7 μm]

Montatura (Mount): iOpron StarTracker v2

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): non presente (not present)

Camera di guida (Guiding camera): non presente (not present)

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CC 2015

Accessori (Accessories): non presente (not present)

Filtri (Filter):  Astronomik UHC-E EOS clip

Risoluzione (Resolution): 3888 x 2592 (originale/original), 3738 x 2489 (finale/final)

Data (Date): 20/09/2017

Luogo (Location): Varenna – LC, Italia (Italy)

Pose (Frames): 66 x 240 sec at/a 640 ISO

Calibrazione (Calibration): 34  dark, 60 bias , 62 flat.

Fase lunare media (Average Moon phase): 0.5%

Campionamento (Pixel scale):  23.55 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 50 mm

Note (note):

Via Lattea nel Cigno - 20/09/2017




IC 405 – 25/01/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher BlackDiamond 250 mm f/5

Camera di acquisizione (Imaging camera): CCD Atik 383L+ B/W [5.4 μm] a/at -20°C

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): Rifrattore acromatico (refractor) SkyWatcher 102mm f/5

Camera di guida (Guiding camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CC2017

Accessori (Accessories): correttore di coma Baader MPCC (coma corrector)

Filtri (Filter):  2” IDAS LPS-D1

Risoluzione (Resolution): 3362 x 2537 (originale/original), 3362 x 2537 (finale/final)

Data (Date): 25/01/2017

Luogo (Location): Briosco – MB, Italia (Italy)

Pose (Frames): 4 x 600 sec bin 1×1 R,  4 x 600 sec bin 1×1 G, 4 x 600 sec bin 1×1 B , 8 x 600 sec bin 1×1 Hα

Calibrazione (Calibration): 18 dark, 20 bias, 20 flat R, 20 flat G, 20 flat B, 20 flat Hα

Fase lunare media (Average Moon phase): 4.5%

Campionamento (Pixel scale): 0.89256 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 1250 mm

Note (note): immagine ripresa presso l’Osservatorio Astronomico Smeraldino

IC 405 - 25/01/2017




Filtri Anti-Inquinamento Luminoso

Perché gli astrofotografi sono costretti a macinare centinaia di chilometri per fotografare il cielo notturno? La risposta è semplice ed ha un nome ed un cognome: Inquinamento Luminoso. Ebbene sì, non solo abbiamo inquinato l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo ma ci stiamo privando anche della possibilità di osservare l’ambiente in cui viviamo: l’Universo. Con la parola inquinamento luminoso intendiamo la diffusione della luce artificiale da parte dell’atmosfera terrestre la quale produce un alone luminoso che, a seconda dell’intensità, è in grado di ridurre il numero di oggetti celesti visibili ad occhio nudo (fotografabili).

La luce artificiale è dovuta all’illuminazione pubblica di strade e parchi, dei cartelli pubblicitari, delle palazzine, delle automobili e molto altro ancora. Nella maggior parte dei casi però solo una piccola parte della luce illumina il soggetto mentre gran parte di essa è diretta verso il cielo.

Di conseguenza, l’inquinamento luminoso è maggiore in prossimità di grandi centri cittadini, dove spesso vivono gli astrofotografi. Quindi cosa fare? Una soluzione è quella descritta all’inizio di questo articolo ovvero allontanarsi il più possibile dai centri cittadini scegliendo luoghi secchi (montagne) dove la diffusione è ridotta al minimo. Una seconda soluzione è quella di cercare di schermarsi dall’inquinamento luminoso utilizzando opportuni filtri. Prima di descrivere in dettaglio il funzionamento di questi filtri è però necessario comprendere la natura della sorgente di luce che vogliamo andare a schermare ossia l’illuminazione artificiale.

Questa è prodotta dalle lampade/lampadine le quali possono utilizzare diversi tipi di tecnologie al fine di produrre luce. Andiamo quindi a studiarne in dettaglio le caratteristiche.

Lampade ad incandescenza

Il principio di funzionamento di queste lampade è semplice. La corrente elettrica passando attraverso un filo metallico (tungsteno) lo scalda aumentandone la temperatura. Superata una certa soglia questo produce luce il cui spettro è detto di corpo nero. Seppur “controintuitivo” emettere come un corpo nero significa emettere luce a tutte le frequenze (continuo) con uno spettro caratteristico come mostrato in figura 1.

Figura 1: spettro di emissione di una lampada ad incandescenza (rosso) confrontato con quello delle nebulose e galassie.

Le lampade ad incandescenza sono state proibite nella comunità europea a partire dal primo settembre 2012. Malgrado ciò molti sono ancora gli impianti di illuminazione privata che utilizzano questo tipo di lampade. In particolare le vediamo nelle case, nelle opere d’arte (se così possiamo definirle) e nelle insegne pubblicitarie. In questa categoria rientrano le lampade alogene ovvero lampade ad incandescenza più efficienti grazie all’utilizzo di gas alogeno capace di inibire la fusione del filamento e quindi aumentarne la temperatura e di conseguenza la luminosità. Questi tipi di lampade ad incandescenza sono utilizzate ad esempio per i fari delle automobili. A differenza delle normali lampade ad incandescenza le lampade alogene non sono soggette alla norma che ne vieta la vendita.

Analizzando in dettaglio lo spettro di emissione riportato in figura 1 possiamo osservare come le lampade ad incandescenza creano un disturbo a tutte le frequenze di interesse astrofisico. Inoltre il massimo contributo si ha intorno ai 640-650 nm, ovvero in prossimità della riga H-alfa (656 nm) dell’idrogeno responsabile della colorazione rossa delle nebulose. In questo senso, per astrofotografi e visualisti le lampade ad incandescenza sono il male assoluto. Fortunatamente, come ribadito in precedenza, questo tipo di lampade sono oggi poco diffuse per l’illuminazione pubblica e quindi danno un contributo minimo alla dose di inquinamento luminoso globale.

Lampade a scarica

Il principio fisico di funzionamento delle lampade a scarica è diverso da quello delle lampade ad incandescenza. Qui un gas inerte o del vapore viene ionizzato ad opera di una differenza di potenziale emettendo di conseguenza luce. Il gas presente può essere mantenuto ad alta o bassa pressione a seconda del tipo di lampada considerata. Esistono una varietà di lampade di questo tipo, dal tubo al neon alle lampade al sodio e mercurio a bassa o alta pressione. I primi vengono generalmente utilizzati per l’illuminazione di interni ed insegne pubblicitarie mentre le lampade al sodio (basa ed alta pressione) e mercurio (alta pressione) nell’illuminazione di strade e parchi pubblici.

Le lampade a scarica emettono luce solamente a determinati valori di lunghezza d’onda (discreto) come riportato in figura 2.

Figura 2: spettro di emissione di una lampada ai vapori di mercurio (blu), sodio ad alta pressione (arancione scuro), sodio a bassa pressione (arancione chiaro) confrontato con quello delle nebulose e galassie.

differenza delle lampade ad incandescenza saranno facilmente schermabili utilizzando appositi filtri. Nel caso delle lampade al sodio si può osservare come la massima intensità luminosa si trovi intorno ai 589 nm (doppietto di emissione del sodio) mentre per quelle al mercurio abbiamo più linee caratterizzate dall’avere frequenze inferiori ai 600 nm. Possiamo quindi dire che il contributo alla linea H-alfa in questo caso è praticamente trascurabile.

Lampade a LED

La tecnologia LED, sviluppata per la prima volta nel 1962, è il modo più moderno per produrre luce visibile. In questo caso la luce è prodotta per elettroluminescenza da alcuni materiali semiconduttori quando a questi viene applicata una differenza di potenziale. Grazie alla maggior durata e al minor consumo di energia, la tecnologia LED sta soppiantando di fatto tutte le altre per l’illuminazione sia pubblica che privata.

Le lampade LED possono emettere luce sia bianca che colorata. In questo secondo caso, la luce risulta essere quasi monocromatica con uno spettro piccato ad una frequenza caratteristica che dipende dal tipo di semiconduttore utilizzato. La maggior parte delle lampade LED brillano però di luce bianca. Il processo di produzione può avvenire sfruttando due tecniche differenti:

  • LED RGB: in questo caso la luce bianca è realizzata come sovrapposizione di led rossi, verdi e blu. Lo spettro è pertanto costituito dalle tre “linee” caratteristiche (vedi figura 3). I LED RGB hanno un utilizzo diffuso in architettura per l’illuminazione di locali e ristoranti.
  • LED blu + fosforo: questo è il caso più abituale in cui la luce bianca è ottenuta come luminescenza da parte della luce blu-UV emessa dal semiconduttore su uno strato di fosforo. In questo caso lo spettro presenterà un picco più o meno grande associato all’emissione originale del semiconduttore e un continuo di frequenze nello spettro del visibile (vedi figura 3). Sotto questo aspetto le lampade LED bianche simulano lo spettro elettromagnetico solare o delle vecchie lampade ad incandescenza. Questi tipi di lampade LED sono quelli più diffusi utilizzati per l’illuminazione delle strade.

Figura 3: spettro di emissione di una lampada LED bianca ottenuta come somma di tre LED (rosso, verde, blu) o come LED + fosforo (linea continua nera) confrontato con quello delle nebulose e galassie.

Analizzando in dettaglio lo spettro di emissione riportato in figura 3 possiamo osservare come i LED RGB siano il male assoluto per gli appassionati di nebulosi in quanto l’emissione è praticamente centrata sulla linea H-alfa. Fortunatamente il contributo all’inquinamento luminoso globale di queste lampade è minimo data la loro scarsa diffusione. I LED bianchi (blu + fosforo) sono invece del tutto simili come risposta spettrale a quelli delle lampade ad incandescenza portando quindi con sé tutti i problemi evidenziati in precedenza. Inoltre anche se la luce LED (blu + fosforo) è definita bianca, abbiamo comunque un residuo di luce blu piuttosto intenso.

I Filtri anti-inquinamento luminoso

Abbiamo visto come la tipologia di sorgente di luce artificiale è tanto variegata quanto dannosa in termini astrofotografici. Come possiamo quindi difenderci dall’inquinamento luminoso senza dover macinare chilometri in auto tra buie strade di montagna? L’unica soluzione è l’utilizzo di filtri anti-inquinamento luminoso. Questi sono filtri in vetro capaci di schermare parte della radiazione luminosa incidente.

Un filtro anti-inquinamento luminoso ideale è quello che riesce a bloccare completamente la luce artificiale facendo passare solo quella proveniente dal Cosmo. Ovviamente tale filtro non esiste. Bisogna quindi trovare un compromesso non sempre possibile. Infatti se per le lampade a scarica dove lo spettro di emissione è discreto è possibile fare un certosino lavoro di pulizia, per le lampade ad incandescenza e LED la situazione è davvero complicata ed una sottrazione efficiente è praticamente impossibile.

Per capire meglio la problematica iniziamo con il considerare le tre grandi categorie di filtri anti-inquinamento luminoso oggi diffuse maggiormente sul mercato: filtri UHC, LPR (Light Pollution Reduction) e ad ampio spettro.

Filtri UHC

UHC è una sigla che sta ad indicare Ultra High Contrast ovvero una famiglia di filtri in grado di fornire un maggior contrasto delle immagini astronomiche. Anche se il nome non ricorda direttamente l’inquinamento luminoso, ricordiamo che questo è il responsabile della diminuzione del contrasto tra i deboli oggetti celesti ed il cielo buio. I filtri UHC sono capaci di bloccare tutta la radiazione luminosa incidente con frequenza compresa tra circa le 530 e 630 nm ovvero rimuove dall’immagine gran parte della luce emessa dalle lampade al mercurio e al sodio che, fino a pochi anni fa, erano la sorgente principale di inquinamento luminoso (vedi figura 4).

Figura 4: Le curve di trasmissione dei filtri UHC sovrapposti allo spettro di emissione di lampade al Sodio, Mercurio ed oggetti astrofisici (nebulose e galassie).

 

Con UHC si va spesso ad indicare non solo un determinato filtro anti-inquinamento luminoso ma anche l’intera famiglia di filtri caratterizzati da risposte spettrali simili. In particolare esistono tre diversi filtri UHC:

  • UHC: è il filtro che da il nome alla famiglia. È il più efficiente nel taglio della luce artificiale e fa passare gran parte della radiazione rossa (linea H-alfa).
  • UHC-E: Questo filtro è analogo all’UHC ma è meno efficiente nel taglio della radiazione ad alta frequenza. In particolare questo filtro fa passare parte delle radiazioni provenienti dalle lampade ai vapori di mercurio.
  • UHC-S: Questo filtro è il meno efficiente della famiglia in quanto poco filtrante sia alle alte frequenze che nella regione spettrale di emissione delle lampade al sodio e nelle basse frequenze (luce rossa). In compenso blocca la radiazione del vicino-infrarosso senza però apportare particolari miglioramenti in termini di qualità delle immagini astronomiche.

Tutti questi filtri vengono venduti dalla ditta Astronomik anche se è possibile trovare filtri UHC di altre marche.

Filtri LPR

I filtri UHC l’hanno fatta da padrone negli anni 2000 in quanto gli unici in grado di ridurre in modo sostanziale l’inquinamento luminoso in astrofotografia. In particolare erano adatti sia per riprese da cieli cittadini (UHC) che da cieli mediamente inquinati (UHC-E). Infine, anche da cieli bui l’utilizzo di un filtro UHC-S può migliorare la qualità globale dell’immagine in termini soprattutto di contrasto. Il prezzo da pagare però non è poco. Tagliando lo spettro in modo così netto nelle frequenze 500-600 nm, si modifica la composizione spettrale e quindi il colore delle sorgenti luminose e pertanto le nostre immagini presentano con i filtri UHC forti dominanti verde-acqua e magenta. Questa dominante poteva essere eliminata con tecniche di “cosmetica” come il bilanciamento del bianco e l’utilizzo di filtri di correzioni quali HLVG (Adobe Photoshop). Malgrado gli sforzi però, le immagini riprese con filtri UHC posseggono sempre una dominante residua. Proprio per ovviare ciò, nell’ultimo ventennio sono stati prodotti una serie di filtri dal nome LPR (Light Pollution Reduction) ad opera dell’azienda IDAS. La risposta spettrale alle lampade al sodio e al mercurio di questi filtri è illustrata in figura 5.

Figura 5: Le curve di trasmissione dei filtri LPR-IDAS sovrapposti allo spettro di emissione di lampade al Sodio, Mercurio ed oggetti astrofisici (nebulose e galassie).

 Anche i filtri LPR vivono in famiglia e ne esistono di tre modelli di cui due praticamente identici:

  • IDAS D1 / IDAS P2: è sotto tutti gli effetti un filtro UHC con l’unica differenza che l’IDAS lascia passare parte della radiazione nella regione tra 500 e 600 nm ad esclusione del picco del sodio. In questo modo la “perturbazione” dei colori ad opera del filtro risulta ridotta così come le dominanti residue che, dopo un opportuno bilanciamento del bianco, sono praticamente nulle. Non esistono sostanziali differenze tra i filtri D1 e P2 di cui il primo non è nient’altro che l’evoluzione tecnologica del secondo.
  • IDAS V4: questo è un filtro molto particolare. Praticamente è un filtro UHC molto stretto centrato sulle linee di emissione delle nebulose (idrogeno, ossigeno). L’efficienza nel taglio dell’inquinamento luminoso è pertanto molto elevata.

Filtri CLS e SkyGlow

Terminiamo la nostra carrellata sui filtri anti-inquinamento luminoso analizzando gli ultimi due diffusi sul mercato: CLS (City Light Suppression) e SkyGlow (“alone luminoso” in italiano). La risposta spettrale dei due filtri è riportata in figura 6.

Figura 6: Le curve di trasmissione dei filtri CLS e SkyGlow sovrapposti allo spettro di emissione di lampade al Sodio, Mercurio ed oggetti astrofisici (nebulose e galassie).

Come si vede dall’immagine i filtri CLS e SkyGlow sono nuovamente dei filtri UHC ma capaci di far passare molta più radiazione incidente a scapito ovviamente della loro capacità di ridurre l’inquinamento-luminoso. Proprio per questo l’utilizzo di questi filtri è spesso limitato all’osservazione visuale del cielo o a riprese da cieli poco inquinati.

I filtri anti-inquinamento luminoso all’epoca dei LED

Se dopo decenni di sofferenza a causa dell’inquinamento indotto dalle lampade a mercurio e sodio si era trovata una soluzione grazie ai filtri UHC, LPS, CLS e SkyGlow, il nuovo millennio ha dato i natali ad una nuova tecnologia di illuminazione: le lampade LED. Molto abbiamo detto di queste lampade nei paragrafi precedente ma molto ancora rimane da argomentare sugli effetti di questa lampade in termini di inquinamento luminoso. La prima caratteristica già analizzata è che i LED hanno uno spettro di emissione continuo il che vuol dire che la loro luce disturba tutte le frequenze della radiazione luminosa. Se quindi con un filtro è possibile rimuovere la parte dello spettro elettromagnetico dove una certa lampada emette in modo discreto, nel caso dei LED l’efficacia di un filtro è notevolmente ridotta.

Inoltre abbiamo sempre parlato di spettro delle lampade, dimenticando che parte del contributo dell’inquinamento luminoso totale è dovuto alla diffusione dei raggi luminosi artificiali da parte dell’atmosfera terrestre. La diffusione è tanto maggiore quanto minore è la lunghezza d’onda della radiazione incidente. Una luce calda come quella delle lampade al sodio diffonde molto meno di una luce bianca (LED) la cui componente blu viene diffusa in modo molto efficiente. Inoltre ricordiamo che i LED hanno un picco residuo molto luminoso nel blu. A parità di potenza quindi le lampade LED diffondono maggiormente la loro luce aumentando l’inquinamento luminoso. Dimentichiamoci quindi i vecchi aloni arancioni che circondavano le città per passare a dei cieli azzurri, simili a quelli diurni.

Purtroppo il problema dell’utilizzo di lampade LED non ha un’immediata soluzione. In figura 7-8-9 vediamo la risposta spettrale dei filtri anti-inquinamento luminoso alle lampade LED.

Figura 7: Le curve di trasmissione dei filtri UHC sovrapposti allo spettro di emissione di lampade LED ed oggetti astrofisici (nebulose e galassie).

Figura 8: Le curve di trasmissione dei filtri LPR-IDAS sovrapposti allo spettro di emissione di lampade LED ed oggetti astrofisici (nebulose e galassie).

Figura 9: Le curve di trasmissione dei filtri CLS e SkyGlow sovrapposti allo spettro di emissione di lampade LED ed oggetti astrofisici (nebulose e galassie).

Quale filtro utilizzare

Concludiamo questo articolo cercando di riassumere con una tabella (tabella 1) gli utilizzi dei vari filtri analizzati e la loro efficacia nei confronti delle lampade a scarica e LED. Abbiamo trascurato le lampade ad incandescenza dato il loro basso contributo all’inquinamento luminoso totale.

Tabella 1: caratteristiche principale dei filtri anti-inquinamento luminoso. Per ogni filtro è indicato l’utilizzo ottimale ovvero un impiego limitato alla ripresa di nebulose ad emissione o planetarie o un impiego più generico. Inoltre si riporta la capacità di filtraggio dell’inquinamento luminoso generato da lampade a scarica e LED.

Concludendo, tra i filtri maggiormente presenti sul mercato nell’ottica di un aumento dell’utilizzo di tecnologia LED per l’illuminazione pubblica e privata, i più efficaci in termini di riduzione dell’inquinamento luminoso rimangono gli UHC, UHC-E e LPR-IDAS V4. Efficacia comunque ridotta dall’impossibilità di schermare lo spettro continuo e l’elevata diffusione della luce prodotta dalle lampade LED.




B343 – 25/06/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher BlackDiamond 150 mm f/5

Camera di acquisizione (Imaging camera): Canon EOS 500D (Rebel T1i) modificata Baader (Baader modded) [4.7 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): Rifrattore acromatico SkyWatcher 102mm f/5

Camera di guida (Guiding camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Riduttore di focale (Focal reducer): non presenti (not present)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CS6

Accessori (Accessories): correttore di coma Baader MPCC Mark III (Baader MPCC Mark III coma corrector)

Filtri (Filter): 2” IDAS D1

Risoluzione (Resolution): 4752 x 3168 (originale/original), 4770 x 3178 (finale/final)

Data (Date): 25/06/2017

Luogo (Location): Sormano – CO, Italia (Italy)

Pose (Frames): 20 x 360 sec 800 ISO

Calibrazione (Calibration): 7 dark, 45 bias, 43 flat

Fase lunare media (Average Moon phase): 4.6%

Campionamento (Pixel scale):  1.2797 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 750 mm

Note (note):

B343 - 25/06/2017




Fill Factor e Full Well Capacity

Analizzando in dettaglio le caratteristiche di un sensore a semiconduttore, possiamo notare come la capacità di raccogliere i “fotoni cosmici” dipende strettamente dal tipo di architettura utilizzata. Infatti a differenza dei sensori CCD dove l’area sensibile coincide con il pixel stesso (ad esclusione degli Interline Transfer), nei sensori CMOS parte è occupata dall’elettronica. I pixel dei sensori CMOS risulteranno pertanto meno sensibili alla luce. Ma quanto?

Per quantificare questo effetto è stato introdotto il concetto di pixel fill factor (FF) definito come il rapporto percentuale tra l’area fotosensibile e quella del pixel. Il FF sarà quindi tanto maggiore quanto più estesa sarà la superficie attiva del sensore. Per i CCD valori tipici di pixel fill factor si aggirano intorno al 90% scendendo al 30% nel caso dei CMOS.

Il basso pixel fill factor dei sensori CMOS è stato originariamente un limite invalicabile. Fortunatamente, grazie al progresso tecnologico in ambito opto-meccanico, si è riusciti a produrre lenti convergenti del diametro di alcune decine di micrometri (!) capaci di convogliare i raggi luminosi incidenti nelle regioni sensibili del pixel. Queste lenti prendono il nome di microlenti.

Grazie alle microlenti è stato pertanto possibile aumentare quello che definiremmo “l’effettivo pixel fill factor” fino a valori prossimi al 100%. Non fatevi  quindi ingannare dalle apparenze e cercate informazioni sul pixel fill factor reale e non quello corretto dalle microlenti. Oltre ad aumentare l’FF, le microlenti hanno l’effetto di ridurre l’alone generato dalla luce diffusa dalle parti non fotosensibili del pixel. Questo effetto è importante soprattutto nel caso di sorgenti di luce intensa. Recentemente, l’azienda CentralDS fornisce un servizio di debayerizzazione delle reflex digitali al fine di ottenere camere monocromatiche. Questo avviene rimuovendo sia i filtri colorati della matrice di Bayer che le microlenti poste di fronte a ciascun pixel. Così facendo si ha una riduzione del pixel fill factor effettivo (dal 90% al 30% circa) compensato però dall’aumento di trasmittanza dovuto alla rimozione dei filtri colorati (dal 40% al 100% circa). Ovviamente permane il problema dell’alone per le sorgenti luminose, fortunatamente marginale in ambito astrofotografico.

Aumento del fill factor a seguito dell’applicazione di microlenti. Nel caso in figura si passa dal 60% (A) al 100% (B)

Un’altra caratteristica dei pixel che costituiscono il sensore digitale è la full well capacity (FWC). Questa grandezza fisica è definita come la quantità massima di elettroni che possono essere accumulati all’interno di un elemento fotosensibile. Tale caratteristica dipende dal potere capacitivo del fotoelemento (capacity), immaginato come un pozzo dove vengono raccolti i fotoelettroni (well). La FWC, che varia generalmente tra le decine e le centinaia di migliaia di elettroni, fissa la quantità massima di fotoni che può raggiungere un fotoelemento prima che questo raggiunga la saturazione. Di conseguenza verrà fissata anche la dinamica della camera stessa. Quest’ultima, definita come il numero di sfumature di grigio tra il bianco ed il nero è importante in astrofotografia dove spesso abbiamo forti contrasti tra soggetti luminosi (stelle) e deboli (nebulose o galassie). Ma cosa influenza la FWC? Sono numerosi i fattori che entrano in gioco come l’architettura del pixel e la grandezza della regione di svuotamento ma quello principale rimane la superfice dell’elemento fotosensibile o, in breve, il pixel fill factor.

Se le microlenti riescono infatti ad aumentare il pixel fil factor, queste non sono in grado di aumentarne anche la full well capacity che quindi rimane bassa per i sensori CMOS rispetto a quelli CCD. Questa caratteristica si traduce in un sostanziale aumento della dinamica delle camere CCD rispetto alle normali reflex digitali. Questo è uno dei motivi che, ancor oggi, fa prevalere le CCD in ambito astronomico.

Avere una maggiore FWC comporta un aumento della dinamica. In figura si vede un’immagine (sinistra) rirpesa con una dinamica a 16bit e (destra) con una dinamica inferiore. Il centro galattico risulta completamente bruciato così come le stelle di fondo nel caso dell’immagine a dinamica ristretta.



B343 – 03/06/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher BlackDiamond 150 mm f/5

Camera di acquisizione (Imaging camera): CCD Atik 383L+ B/W [5.4 μm] @ -15.0°C

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): Rifrattore acromatico SkyWatcher 102mm f/5

Camera di guida (Guiding camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Riduttore di focale (Focal reducer): non presenti (not present)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CS6

Accessori (Accessories): correttore di coma Baader MPCC Mark III (Baader MPCC Mark III coma corrector)

Filtri (Filter): 2” Astronomik CCD Hα

Risoluzione (Resolution): 3362 x 2537 (originale/original), 3362 x 2537 (finale/final)

Data (Date): 03/06/2017

Luogo (Location): Passo del Mortirolo – BS, Italia (Italy)

Pose (Frames): 16 x 600 sec bin 1×1

Calibrazione (Calibration): 17 dark, 20 bias, 20 flat

Fase lunare media (Average Moon phase): 64.3%

Campionamento (Pixel scale):  2.9510652 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 750 mm

Note (note):

B343 - 03/06/2017




M81 (NGC 3031), M82 (NGC 3034) – 29/04/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher BlackDiamond 150 mm f/5

Camera di acquisizione (Imaging camera): Canon EOS 500D (Rebel T1i) modificata Baader (Baader modded) [4.7 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): Rifrattore acromatico (refractor) SkyWatcher 102mm f/5

Camera di guida (Guiding camera): Magzero MZ-5m B/W [5.2 μm]

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): PixInsight 1.8 + Adobe Photoshop CC2017 + Topaz DeNoise 6

Accessori (Accessories): correttore di coma Baader MPCC (coma corrector)

Filtri (Filter):  2” IDAS LPS-D1

Risoluzione (Resolution): 4752 x 3168 (originale/original), 4770 x 3178 (finale/final)

Data (Date): 29/04/2017

Luogo (Location): Saint Barthélemy – AO, Italia (Italy)

Pose (Frames): 15 x 360 sec at/a 1600 ISO.

Calibrazione (Calibration): 11 dark, 35 bias, 31 flat

Fase lunare media (Average Moon phase): 15.9%

Campionamento (Pixel scale): 1.2797 arcsec/pixel

Focale equivalente (Equivalent focal lenght): 750 mm

Note (note):

M81 (NGC 3031), M82 (NGC 3034) - 29/04/2017




Giove – 09/04/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher Black Diamond 250 mm f/5

Camera di acquisizione (Imaging camera): QHY 5L-II-C [3.75 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): non presente (not present)

Camera di guida (Guiding camera): non presente (not present)

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): Registax 5 + Adobe Photoshop CC 2017

Accessori (Accessories): TeleVue Powermate 5x (TeleVue Powermate 5x Barlow lens)

Filtri (Filter): non presente (not present)

Risoluzione (Resolution): varie (different resolutions used)

Data (Date): 09/04/2017

Luogo (Location): Briosco – MB, Italia (Italy)

Pose (Frames): somma di circa 1000 frames

Calibrazione (Calibration): non presente (not present)

Fase lunare media (Average Moon phase): 98.1%

Note: riprese del disco di Giove ripreso ad orari differenti della stessa nottata

Giove - 09/04/2017

Giove - 09/04/2017

Giove - 09/04/2017

Giove - 09/04/2017




Cratere Darwin – 09/04/2017

Telescopio o obiettivo di acquisizione (Imaging telescope or lens): Newton SkyWatcher Black Diamond 250 mm f/5

Camera di acquisizione (Imaging camera): QHY 5L-II-C [3.75 μm]

Montatura (Mount): SkyWatcher NEQ6

Telescopio o obiettivo di guida (Guiding telescope or lens): non presente (not present)

Camera di guida (Guiding camera): non presente (not present)

Riduttore di focale (Focal reducer): non presente (not present)

Software (Software): Registax 5 + Adobe Photoshop CC 2017

Accessori (Accessories): Lente di Barlow TeleVue Powermate 5x (TeleVue Powermate 5x Barlow lens)

Filtri (Filter): non presente (not present)

Risoluzione (Resolution): 1280 x 960 (originale/original), 1215 x 911 (finale/final)

Data (Date): 09/04/2017

Luogo (Location): Briosco – MB, Italia (Italy)

Pose (Frames): somma di circa 1000 frames

Calibrazione (Calibration): non presente (not present)

Fase lunare media (Average Moon phase): 98.1%

Cratere Darwin - 09/04/2017