Seppur in quantità minore rispetto al Sole, anche la luce lunare viene diffusa dalla nostra atmosfera donando al cielo notturno una colorazione bluastra. Purtroppo a seguito dell’inquinamento luminoso questo fenomeno non è più osservabile da cieli urbani e suburbani dove la volta celeste appare perennemente di colore giallo-arancione.
Una stella risulta visibile a occhio nudo quando è distinguibile dal fondo cielo. Questo ovviamente nei limiti imposti dalla natura stessa dell’occhio umano. Quindi se il cielo aumenta la sua luminosità discostandosi dal colore nero, se ne deduce che il numero di stelle visibili ad occhio nudo tende mano a mano a diminuire. Il caso limite è ovviamente il cielo diurno dove la diffusione della luce solare cela all’occhio umano la visione di tutte le stelle presenti. Se pertanto vogliamo osservare un cielo ricco di stelle dobbiamo cercare un cielo buio che si traduce in basso inquinamento luminoso e assenza di Luna in cielo. Questo spiega perché gli astrofili osservano gli oggetti celesti prevalentemente in condizioni di Luna Nuova e perché gli Osservatori Astronomici aprono le loro porte al pubblico quasi unicamente in Luna Piena.
È giunto quindi il momento di fare il grande balzo. Scegliete quindi il weekend più vicino alla Luna Nuova, prendete la vostra automobile e correte il più lontano dai centri cittadini. Dato che a diffondere la luce sono principalmente le particelle di acqua presenti in atmosfera, cercate un posto asciutto come i valichi alpini o le cime di colli. A questo punto, aspettate due ore circa dopo il tramonto in modo da dare tempo al Sole di andare sufficientemente sotto l’orizzonte, portando con se la sua luce accecante. Alzate quindi gli occhi al cielo: ciò che vedrete sarà un’esperienza unica e indimenticabile. Le stelle in cielo saranno tantissime e le più luminose sembreranno cadervi in testa. Solo dopo una mezz’ora riuscirete ad orientarvi e a distinguere quelle poche stelle che avete imparato a riconoscere dai cieli inquinati di casa vostra.
Ora che avete cominciato a ritrovare le vostre stelle di guida, siete pronti per cominciare a navigare tra gli astri celesti che inondano la volta celeste. Ma prima di fare ciò osservate con attenzione le stelle più luminose. Non sono tutte dei puntini bianchi. Alcune di esse avranno una colorazione più giallognola, alcune rosso mattone, altre azzurro chiaro. Le stelle assumono infatti colorazioni differenti a seconda della loro natura e del loro stato evolutivo. Purtroppo anche l’esperienza di osservare i colori delle stelle sta diventando un lontano ricordo per gli astrofili che vivono sotto cieli urbani o suburbani.
Quei puntini luminosi (ora potremmo dire anche colorati) che chiamiamo abitualmente stelle sono in realtà sfere di plasma del tutto simili al nostro Sole, poste a distanze enormi da noi. Le dimensioni di questi “Soli” variano moltissimo passando da circa 20 km di diametro a 2600 volte il diametro del nostro Sole, pari a 1391000 chilometri.
Ancora una volta le dimensioni di una stella dipendono dalla loro natura e dal loro stato evolutivo. Infatti, come gli esseri viventi, anche le stelle nascono, crescono e muoiono. Volendo semplificare e generalizzare l’evoluzione stellare potremmo affermare che, da una nube di gas primordiale, condensarono in un passato più o meno lontano una o più stelle, così come le gocce di pioggia condensano dalle nuvole. La forza di gravità responsabile di tale condensazione ha permesso alle regioni centrali della stella neonata di raggiungere temperature elevatissime in grado di innescare reazioni di fusione termonucleare. Saranno proprio queste ultime a permettere alla stella di non collassare ulteriormente e di brillare per miliardi di anni. In questa condizioni di stabilità si trova ad esempio ora il nostro Sole. Dopo miliardi di anni però il “combustibile nucleare” presente nel cuore della stella tende ad esaurirsi. Ecco quindi che con il venire meno delle reazioni di fusione termonucleare la stella ritorna in una fase di instabilità e a seconda della sua massa può procedere attraverso vie più o meno tormentose che la porteranno a liberarsi di quasi tutto il gas che la compone attraverso processi più o meno esplosivi. Il gas così liberato nello spazio prende il nome di nebulosa (vedi Figura 1.6). Proprio in queste nebulose potranno successivamente nascere nuove stelle. Quando la stella libera il proprio gas in maniera non violenta, allora la nebulosa assume una forma sostanzialmente sferica e si parla di nebulose planetarie (vedi Figura 1.6).
Il nostro Sole finirà la propria esistenza generando una nebulosa planetaria. Il nome “planetario” deriva dal fatto che in passato, quando la qualità ottica dei telescopi era piuttosto scarsa, queste nebulose venivano confuse con dischi planetari.
Seppur deboli rispetto alle stelle, le nebulose sono visibili sia ad occhio nudo che ovviamente attraverso binocoli o telescopi. Come detto in precedenza, da una nube primordiale possono nascere più stelle contemporaneamente che pertanto appariranno in cielo in forma di gruppi, destinati a dissolversi nel corso di miliardi di anni. Tali gruppi di stelle, alcuni dei quali visibili facilmente ad occhio nudo, prendono il nome di ammassi aperti (vedi Figura 1.7).
La distanza tra una stella e l’altra dell’ammasso è generalmente molto grande tanto da ritenere le stelle come sistemi indipendenti. Altre volte però due o più stelle possono trovarsi così vicine da cominciare a ruotare le une intorno alle altre. In questo caso si parla di sistemi multipli e possono essere osservate con piccoli telescopi. Quando le stelle del sistema sono solo due si parla di stelle doppie. Ovviamente due stelle molto vicine in cielo non sempre sono legate fisicamente. Infatti talvolta appaiono tali solo a causa di un allineamento prospettico fortuito tra stelle molto lontane tra loro. In questo caso si parla di stelle doppie prospettiche. Una stella doppia prospettica assai nota è la coppia Alcor e Mizar che costituisce una delle sette stelle dell’Orsa Maggiore.
Ma le stelle sono distribuite uniformemente nella volta celeste? Se la osservate in primavera la risposta sembrerebbe essere si, ma osservando il cielo notturno in tutte le altre stagioni osserverete una striscia lattiginosa attraversare il cielo. Proprio in questa striscia troverete il maggior numero di nebulose ed ammassi aperti visibili ad occhio nudo. Si chiama Via Lattea e rappresenta una vera e propria “nube” di stelle (vedi Figura 1.8).
Se infatti prendete un binocolo e percorrete la Via Lattea scoprirete che quella macchia lattiginosa non è altro che una distesa quasi infinita di stelle. In realtà tutte le stelle visibili di notte ed il nostro stesso Sole appartengono a questo vastissimo insieme di stelle che chiamiamo Galassia. Intorno alla Via Lattea si sono poi formati degli addensamenti di stelle a forma sferica detti per l’appunto ammassi globulari (vedi Figura 1.7).
Se ora guardiamo nel cielo più profondo è possibile osservare altri insiemi di stelle del tutto simili alla nostra Galassia. Sono le galassie (con la “g” minuscola) di cui la più vicina, nota come galassia di Andromeda, è visibile persino ad occhio nudo da cieli particolarmente bui (vedi Figura 1.9).
Scopo di questo paragrafo è di fornire al lettore la terminologia astronomica necessaria per comprendere i soggetti di future riprese astrofotografiche. Non è nostro scopo dare una descrizione completa di tali corpi e fenomeni celesti. Il lettore interessato potrà trovare tali informazioni in qualsiasi libro di Astronomia.
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