Non c’è oggetto celeste visibile ad occhio nudo tanto affascinante e misterioso quanto le comete.

Stelle dotate di chioma (da cui l’etimologia del termine) che appaiono improvvisamente nel cielo seguendo traiettorie differenti da quelle seguite dagli altri corpi celesti erranti: i pianeti, il Sole e la Luna.

Sarà proprio per questo motivo che per secoli si credette che le comete fossero un fenomeno atmosferico e completamente distaccato dalla perfezione celeste. Basti pensare che bisogna aspettare l’avvento dell’astronomo Tycho Brahe (1546-1601) per provare sperimentalmente la vera natura cosmica delle comete.

Oggetti imprevedibili e disordinati e come tali ritenuti nel Medioevo portatrici di sventura; ma allo stesso tempo fenomeni affascinanti e grandiosi, tanto che a partire dal 1303 sarà proprio una cometa a diventare la “stella di Natale”. Quello è infatti l’anno in cui Giotto rappresentò per la prima volta una stella cometa sopra la capanna della Natività, forse colpito dal passaggio nel 1301 della cometa di Halley.

Ancora oggi, dopo migliaia di anni, le comete risultano enigmatiche: non tanto per la loro struttura fisica quanto per la loro origine, il loro destino e il legame che queste hanno con la presenza di vita nell’Universo.

Alla luce dei dati forniti dalle numerose sonde interplanetarie quali la Giotto, Vega1, Vega2, Deep Space 1, Stardust e Deep Impact; possiamo oggi descrivere le comete come “palle di neve sporca”, riprendendo così le parole originali dell’ideatore di tale ipotesi: l’astronomo statunitense Fred Lawrence Whipple (1906 – 2004). Secondo questo modello le comete o meglio i nuclei cometari sarebbero costituiti principalmente da ghiacci d’acqua e da altre sostanze mischiate a roccia e polveri. Sono proprio queste ultime a ricoprire la superficie delle comete rendendole tra gli oggetti più scuri del Sistema Solare. Infatti, l’albedo medio delle comete ovvero la capacità di riflettere i raggi solari, è solo il 4% rispetto ad esempio al 7% dell’asfalto!

Le varie parti che costituiscono una cometa. Il nucleo cometario non è visibile, coperto dalla luminosità della chioma.

La dimensione media del nucleo cometario è stimata essere intorno ai 16 chilometri anche se si conoscono comete con dimensioni ben superiori, fino a 40 chilometri.

Ma se le comete sono oggetti così scuri, perché appaiono luminose in cielo? La risposta è semplice. Quando una cometa si avvicina al Sole, la temperatura del nucleo cometario aumenta, e i ghiacci cominciano a sublimare. Tale gas va a formare un’atmosfera temporanea che prende il nome di chioma.

Lo sviluppo della chioma comincia quando la cometa si trova ad una distanza dal Sole inferiore ai 800 milioni di chilometri. La chioma può assumere anche dimensioni molto grandi fino ad oltre un milione di chilometri di diametro. È proprio la chioma a rendere la cometa così luminosa. Quando le comete sono lontane dal Sole allora la chioma cessa di esistere e la luminosità precipita drammaticamente rendendone difficile una loro individuazione. Questo spiega perché gli astronomi scoprono le comete solo a pochi anni dal loro incontro ravvicinato con il Sole.

Ma la nostra stella non è solo responsabile della chioma delle comete. I gas e polveri emessi dal nucleo e che formano la chioma cometaria, vengono colpite dal vento solare che le allontana dalla cometa formando quella che prende il nome di coda. La coda cometaria risulta quindi costituita da polveri che assumeranno una colorazione bianco-gialla dovuta alla riflessione dei raggi solari, e da gas che a seguito del processo di ionizzazione ad opera del vento solare, risulterà di colore azzurro. A seconda del punto di vista e della composizione del nucleo cometario, una cometa può presentare due code: quella di gas in direzione opposta al vento solare e quella di polveri, inclinata lungo la direzione orbitale.

La dimensione della coda cometaria è variabile e può raggiungere persino 1 UA ovvero 150 milioni di chilometri.

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