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Il Nucleo Cometario

Quando osserviamo o fotografiamo una cometa con strumenti amatoriali, l’unica parte che non riusciamo a scorgere a causa della luminosa chioma è il nucleo cometario. Questo ne rappresenta il vero cuore pulsante che le recenti sonde interplanetarie hanno mostrato essere costituito da un corpo solido molto scuro composto da un parte volatile (ghiacci di varia natura) ed una non volatile (polveri e rocce). Tra i ghiacci ricordiamo il ghiaccio d’acqua, che si trova spesso legato a sali mentre la parte non volatile dovrebbe essere costituita da composti chimici molto scuri a base di Carbonio, dato il basso albedo (riflessione dei raggi solari ad opera di un corpo celeste) del nucleo cometario che si attesta intorno al 4%.

Quando il Nucleo cometario si avvicina al Sole, allora la temperatura superficiale aumenta e le zone volatili cominciano a sublimare. Data la bassa densità del nucleo, inferiore persino a quella dell’acqua, e le sue dimensioni ridotte con diametri inferiori alla decina di chilometri, la velocità di fuga delle comete risulta molto bassa permettendo ai materiali volatili e alle polveri emesse con essi di abbandonare facilmente la superficie cometaria. Tali gas e polveri andranno poi a costruire quella che sarà la chioma.

I punti di sublimazione dei nuclei cometari sono detti zone attive e dai dati raccolti della sonda Giotto sulla cometa di Halley il materiale emesso, costituito per l’80% di composti dell’acqua, 10% di monossido di carbonio ed il 2%-3% di una miscela ammoniaca/metano, è pari a circa tre tonnellate al secondo.

Malgrado non ci siano ancora misure precise, oggi possiamo dire che le comete hanno un moto di rotazione piuttosto complesso dettato dalla struttura irregolare del nucleo nonché dalla distribuzione non omogenea delle zone attive. Dato che la crosta superficiale del nucleo non è uniforme e alcune regioni rimangono non attive finché non vengono riscaldate dalla radiazione solare, durante il moto di rotazione e di avvicinamento al Sole possono manifestarsi fenomeni noti come outburst. Questi sono dovuti all’attivazione di alcune zone superficiali con conseguente sublimazione ed emissione di materiali volatili. Ovviamente un outburst è un fenomeno nella cui apparizione gli astrofili spesso sperano. Infatti gli outburst comportano sempre un aumento di luminosità della cometa.

Raramente è possibile che outburst particolarmente esplosivi rendano instabile il nucleo portandolo persino alla disintegrazione. Questo processo è noto come breakup. Cause comuni di breakup sono invece il passaggio ravvicinato al Sole ed a pianeti giganti. Gli effetti gravitazionali indotti da questi corpi maggiori possono infatti portare alla frammentazione del fragile nucleo cometario, che presenta una consistenza simile alla neve pressata. Ovviamente  fenomeni di breakup sono drammatici dal punto di vista osservativo e fotografico perché riducono drasticamente la luminosità della cometa.

Immagini bellissime di nuclei cometari si possono trovare sui siti delle missioni spaziali Giotto, Deep Space 1, Stardust e Deep Impact . Per studiare più a fondo i nuclei cometari bisognerà però aspettare i risultati che fornirà la sonda ESA Rosetta, lanciata il 02 marzo 2004 e che raggiungerà la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko in gennaio 2014. Il lander Philae, trasportato dalla sonda, potrà così atterrare sul nucleo cometario (novembre 2014) e lì vi rimarrà vincolato al fine di studiarne la composizione chimica e fisica oltre alla sua attività.