Nell’articolo “Il fotoelemento: fotodiodo e photogate” abbiamo visto come un fotone di lunghezza d’onda compresa tra 350 e 1100 nm ha una certa probabilità di venir “convertito” in elettroni liberi. Ovviamente quanto detto è un concetto generale che in questo post andremo ad approfondire più dettagliatamente. In primo luogo ricordiamo che il limite a bassa lunghezza d’onda è fissato dalla riflessione dei fotoni incidenti sul Silicio che compone il fotoelemento mentre quello ad alta lunghezza d’onda è fissato dall’energy gap del materiale. A lunghezze d’onda inferiori e superiori il Silicio diviene praticamente trasparente (riflettente) alla radiazione luminosa.
Nell’articolo “E’ questione di elettroni” abbiamo detto che se un fotone si trova nel range di lunghezze d’onda appropriato, questo verrà assorbito dal fotoelemento. Questo è vero se lo spessore del Silicio fosse infinito. Infatti un fotone di lunghezza d’onda λ ha una determinata probabilità P di essere assorbito da uno spessore d di Silicio. Per un fotoelemento, tale probabilità è generalmente inferiore al 100% e aumenta all’aumentare di d. Questo spiega perché i sensori retroilluminati (più spessi) sono anche quelli più sensibili alla radiazione luminosa.
Ora, P(λ) rappresenta veramente la probabilità che un fotone di lunghezza d’onda λ venga registrato dal nostro sensore, sia esso di tipo CCD o CMOS? Ovviamente no. Infatti P(λ) non tiene in considerazione la geometria del fotoelemento, la capacità di raccogliere la carica depositata e molti altri fattori. La grandezza fisica che raccoglie tutte queste informazioni è detta efficienza quantica QE. Ovviamente QE è funzione di λ e riflette complessivamente l’andamento di P(λ).
L’efficienza quantica, per definizione, è riferita ad un singolo fotoelemento e quindi è un concetto generalizzabile ad un sensore a patto di considerare la risposta di ciascun pixel alla luce identica. Inoltre la risposta del Silicio alla luce dipende dalla temperatura dello stesso ed in particolare si ha una riduzione di QE al diminuire della temperatura di funzionamento. Quindi non è sempre detto che un Silicio funziona tanto meglio quanto raffreddato (si veda l’articolo “Il dark frame”).
Al fine di migliorare l’assorbimento della luce, solitamente viene posto uno strato antiriflesso di fronte al fotoelemento.
Nel caso delle DSLR è necessario prendere in considerazione anche la presenza dei filtri interposti nel cammino ottico. In particolare il filtro IR-cut posto di fronte al sensore e la matrice di filtri colorati RGB. Ecco quindi che rivenditori, come ad esempio Nikon o Canon, forniscono per ogni fotocamera digitale tre curve di efficienza quantica, una per ciascun filtro colorato.
In figura 1 riportiamo l’efficienza quantica dell’occhio umano, di un sensore CCD (Atik 314L+ monocromatica), di un sensore CMOS (Magzero MZ-5m) e di una reflex digitale (sensore CMOS Canon EOS 40D) con e senza modifica Baader.
8 commenti
fabercom · Dicembre 11, 2012 alle 2:08 pm
Mi sembra di capire dal grafico (correggimi se sbaglio) che su una 40D, il filtro ir non incide poi così tanto, si tratta davvero di cose impercettibili. Attualmente ho una 5d markII non modificata e francamente eviteriei di modificare un corpo da 2000 euro, per fare le cose per bene dovrei acquistare una 1000D usata e farci applicare il filtro (totale €. 350,00 circa), vale davvero la pena spendere tutti questi soldi per mliglioramenti così lievi?
Sarebbe davvero interessante vedere uno stesso soggetto, alle stesse impostazioni fotografato con e senza filtro.
Davide Trezzi · Dicembre 12, 2012 alle 3:46 pm
Ciao Fabercom,
appena possibile farò una ripresa con e senza modifica Baader (non con una 40D ma con una 500D che ho nelle due versioni). Sono d’accordo con te quando dici che non vale la pena modificare una 5D MarkII non tanto perché non si avrebbero miglioramenti ma in quanto a 2000 euro esistono molte camere CCD progettate appositamente per l’astronomia (con maggiore QE). Purtroppo devo contraddirti per quanto riguarda l’importanza della modifica Baader.
Infatti se si trascurano galassie, stelle e nebulose a riflessione dove la modifica non ha effetto (si trovano praticamente tutte nella regione blu/verde dello spettro elettromagnetico) per le nebulose questa è fondamentale. Considera che una nebulosa emette principalmente nella linea Ha dell’Idrogeno (6563 A), dove una DSLR non modificata ha una EQ del 10% circa, mentre con la modifica questa sale a circa il 30%. Venti punti percentuali ti assicuro che sono davvero molti in astrofotografia.
A presto e appena possibile (meteo permettendo) effettuerò il test che mi suggerisci,
Un saluto,
Davide
fabercom · Dicembre 13, 2012 alle 11:27 pm
grazie, sarebbe davvero interessante.
Davide Trezzi · Dicembre 18, 2012 alle 2:12 pm
Nell’articolo https://www.astrotrezzi.it/?p=2366 ho riportato il confronto che mi hai suggerito.
Un saluto e buona lettura…
Fabercom · Gennaio 10, 2013 alle 12:42 pm
Ti ringrazio per il test, davvero ben fatto. Ero proprio quello che cercavo.
Davide Trezzi · Gennaio 10, 2013 alle 2:26 pm
è sempre un piacere sapere che i propri lavori possono servire ad altri… alla prossima!
La “modifica Baader” per DSLR : ASTROtrezzi.it · Dicembre 18, 2012 alle 2:06 pm
[…] su questi tipi di pixel? La risposta è semplice e la trovate nella figura 1 dell’articolo “Efficienza Quantica”. La modifica Baader sostanzialmente non modifica l’efficienza quantica dei pixel verdi e blu. […]
filtri per camere a colori e OWB : ASTROtrezzi.it · Aprile 28, 2014 alle 10:26 pm
[…] ma anche al vicino infrarosso ed ultravioletto (si legga ad esempio l’articolo “Efficienza Quantica”). Sebbene la radiazione UV venga quasi completamente riflessa (e quindi filtrata) dalle lenti […]